farmaci-prescritti-da-infermieriIl direttore generale dell’Aifa Mario Melazzini, in una nota diffusa il 7 marzo 2018, ha parlato del ruolo dell’infermiere nella presa in carico integrale del paziente. Spiegando che si tratta di «un problema centrale dell’assistenza sanitaria», che tocca «l’inserimento e accompagnamento all’interno di un percorso terapeutico del paziente, in cui giocano un ruolo importante tutte le diverse figure dei professionisti sanitari». In questo senso, il dirigente ha giudicato gli infermieri «fondamentali nel rapporto quotidiano con il malato», nonché al fine di «garantire l’aderenza terapeutica e la sostenibilità del sistema, evitando trattamenti inappropriati e conseguente spreco di risorse pubbliche».
Melazzini cita in proposito l’esempio del Regno Unito, nel quale «l’infermiere ha la possibilità di prescrivere un numero ristretto e ben definito di farmaci, nel contesto di un piano clinico specifico, dopo diagnosi medica. Altra esperienza di rilievo è quella della Spagna, in cui non si parla mai di prescrizione ma di dispensazione di medicinali. L’ordine di dispensazione è il termine utilizzato al posto della ricetta medica. Nel nostro Paese allo stato attuale la legge individua tra i soggetti legittimati a prescrivere il farmaco solamente i medici». Di qui la richiesta di un aprire un dibattito sul tema. Alle parole del direttore generale dell’Aifa ha risposto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – come riferito dall’agenzia AdnKronos – spiegando a margine di un evento di Farmindustria che la questione «in questo momento non è nell’agenda, penso ci saranno altri momenti e altri luoghi nei quali riflettere su questo». Ancor più netta la posizione della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), il cui presidente Filippo Anelli ha commentato: «Diciamo un no forte e chiaro al task shifting – riporta l’agenzia Dire – ovvero al trasferimento delle competenze professionali dal medico ad altre figure sanitarie. Le competenze del medico non gli derivano da un’investitura soprannaturale, ma sono acquisite in ragione di percorsi formativi condivisi da tutte le istituzioni e gli attori coinvolti: dal parlamento, dal governo, dal ministero della Salute e dal Miur, dalla Conferenza Stato Regioni, dalle università, dagli Ordini, dai rappresentanti dei professionisti del Servizio Sanitario Nazionale». Il dirigente ha aggiunto che «in tutti i Paesi nei quali si è attuato il task shifting, il risultato è stato un abbassamento della qualità dei Servizi sanitari». Inoltre, ha precisato che «la prescrizione non è un fatto automatico, ma la conclusione di un percorso articolato che passa attraverso la diagnosi, anche differenziale», e pertanto essa «non può essere estrapolata dalla relazione di cura tra il medico e il suo paziente». Anelli ha quindi concluso sottolineando che si può in effetti «collaborare con l’Ordine degli Infermieri» e che questi ultimi «possono e devono esprimersi anche nella gestione della terapia. Ma la prescrizione non può che rimanere un atto del medico».

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