contratto farmacisti collaboratori«Rinnovare il contratto dei farmacisti collaboratori è utile per tutti, anche per i titolari, viste le sfide che la farmacia dovrà fronteggiare in futuro». A spiegarlo è Benedetta Mariani, presidente Federazione Italiana Associazioni Farmacisti Non Titolari (Fiafant).

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Dottoressa, perché alcuni farmacisti ritengono che quello dei farmacisti sia un contratto del commercio?
Si tratta di un dibattito tecnico. Seguendo anche le discussioni online tra farmacisti non titolari una lamentela che viene proposta in modo forte e frequente è legata alla tipologia di contratto. Non di rado si afferma che i farmacisti “hanno lo stesso contratto delle badanti”. A mio avviso ciò origina da una confusione di base: le organizzazioni sindacali Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno firmato 24 contratti collettivi nazionali di lavoro, per divers e categorie.

Allora dovremmo concludere che anche i collaboratori degli studi professionali sono inquadrati come le badanti? E dal punto di vista retributivo cosa cambia?
In alcuni casi il contratto del commercio, che viene applicato ad esempio nei corner della Gdo, può essere più conveniente dal punto di vista del compenso. Ma dipende dall’inquadramento e dai singoli casi. Esistono notevoli differenze tra i due contratti, che incidono anche sul trattamento economico.

Quali ad esempio?
La maggiorazione per il lavoro di domenica, che per i farmacisti collaboratori è del 13% secondo il Ccnl, per chi è sottoposto al contratto del commercio è più alta. D’altra parte ciò è dipeso dal fatto che nel contratto con Federfarma non esistono di fatto le domeniche, al di là del turno di apertura. Questo perché tra l’epoca dell’approvazione del contratto ed oggi è intervenuta la liberalizzazione degli orari di apertura, a fronte della quale non c’è mai stato un aggiornamento del Ccnl, né una definizione che consentisse di comprendere, ad esempio, come distribuire il personale alla luce di tali novità.

Il contratto del commercio per i farmacisti sarebbe perciò preferibile?
Il contratto del commercio è molto strutturato, ma non dico che con esso i farmacisti starebbero necessariamente meglio. Ciò che serve è il rinnovo contrattuale, che non soltanto deve essere rimesso al passo con le attuali condizioni di lavoro, ma guardi anche al futuro, a cominciare dalla formazione professionale. Se la prospettiva è la farmacia dei servizi occorre prendere in conto un incremento delle competenze, delle responsabilità e del ruolo dei farmacisti all’interno del sistema sanitario. Di tutto ciò, nel vecchio contratto con Federfarma si parla poco o nulla. Non esistono avanzamenti di carriera se non quelli legati all’anzianità, non esiste un riconoscimento della formazione post-lauream. Eppure molti colleghi hanno specializzazioni importanti, che rappresentano un valore aggiunto.

Ritiene che tali rivendicazioni potranno essere accettate dalla controparte?
Se il futuro è la farmacia dei servizi, i titolari dovranno farla assieme ai collaboratori. Si dovrà arrivare assieme all’appuntamento.

Le elezioni di Federfarma possono cambiare qualcosa?
Annarosa Racca ha già manifestato qualche apertura per il rinnovo. C’è anche stato un incontro esplorativo. In ogni caso non voglio esprimermi nel merito delle candidature: auspico che chiunque guidi Federfarma tenga presente la necessità di una revisione profonda delle condizioni contrattuali dei collaboratori. Non si può pensare che la pharmaceutical care riguardi solo il titolare.

Quali saranno gli elementi imprescindibili del nuovo contratto a suo avviso?
Sono passati quattro anni dalla scadenza del vecchio contratto: è chiaro che la revisione non può prescindere da un incremento del trattamento economico. Poi potranno esserci misure complementari che saranno prese in considerazione. Ma la questione del compenso è chiaramente centrale.

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