liberalizzazioni farmaciIn queste prime ore di dibattito circa il ddl concorrenza in preparazione al Ministero dello Sviluppo economico si assiste ad un “fuoco di fila” inusitato da parte dei titolari di farmacia per un provvedimento che toccherà gli interessi delle farmacie al massimo per una perdita giornaliera di 35/40 euro.
Da questo dato bisogna partire per analizzare quale è il reale motivo del contendere.
A dar man forte al neocorporativismo sono scesi in campo i rappresentanti dei medici di famiglia, quella degli otorinolaringoiatri e persino quella degli oncologi. Tutti soggetti che non sono mai intervenuti quando questa organizzazione ha denunciato ciò che avviene quotidianamente sotto i loro occhi, ovvero la vendita in farmacia dei farmaci con obbligo di prescrizione senza la dovuta ricetta medica. Le motivazioni del loro intervento sono l’esempio dell’inganno in cui loro stessi sono caduti: il farmaco deve rimanere in mano al farmacista.
Ebbene, nessuno vuole che il farmaco di fascia C con obbligo di ricetta venga distribuito con modalità diversa da quella che oggi viene utilizzata, attraverso il consiglio, la professionalità e la competenza del farmacista.
Per onestà intellettuale è bene che questi signori sappiano che ad oggi i farmaci da banco, già oggetto di provvedimenti di riforma, è distribuito esclusivamente dal farmacista in parafarmacia e GDO e che il 75% degli esercizi avviati dopo la riforma sono stati aperti da farmacisti che sino a ieri erano dietro il banco di una farmacia. Tutti questi esercizi, che possono già vendere farmaci veterinari con obbligo di ricetta, sono sottoposti a serrati controlli dalle ASL e debbono partecipare alle attività di farmacovigilanza come le stesse farmacie.
Quello che stupisce è la presa di posizione del Direttore Generale dell’AIFA Luca Pani, ovvero un dirigente di un organismo “arbitro” che, in un tweet, partecipa alla “kermesse” pro-corporazioni paragonando il provvedimento allo studio con il sistema americano dei drugstore. Questo è vero e proprio “terrorismo” mediatico finalizzato a spaventare legislatori e cittadini attraverso una palese inganno della realtà.
Tutte queste prese di posizione sono l’esempio più chiaro di quale sia il peso delle corporazioni in Italia e di come sia necessario diminuirne il potere.
Il vero motivo per cui i titolari di farmacia hanno fatto muovere le “truppe” di riserva, poi toccherà ai politici amici già mobilitati, è la perdita del monopolio del farmaco e di conseguenza di quello corporativo.
Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti e la Confederazione Unitaria delle Libere Parafarmacie Italiane si appellano alle forze liberali di questo Paese, alle Associazioni dei consumatori e a quanti ne hanno le “tasche piene” dell’influenza degli interessi privati sulla vita della società italiana perché facciano sentire alta la loro voce.

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