legge-sulla-concorrenza-e-farmacieLa legge sulla Concorrenza ha modificato in modo profondo l’articolo 7 della legge 362 del 1991 in tema di titolarità e gestione della farmacia. Ora, infatti, la norma «non prescrive più che i soci della società siano farmacisti iscritti all’albo in possesso del requisito della idoneità previsto dalla legge n. 475 del 1968, né che la direzione della farmacia gestita dalla società sia affidata ad uno dei soci che ne è responsabile». A spiegarlo è l’avvocato Silvia Stefania Cosmo, in un articolo apparso sull’osservatorio di diritto farmaceutico IusFarma, nel quale afferma come a suo avviso si tratti di una novità «per nulla negativa».
«La nuova formulazione del comma 2 – sottolinea la legale – si occupa delle incompatibilità lasciando al successivo comma 3 il compito di precisare che la direzione della farmacia gestita dalla società dovrà essere affidata ad “un” farmacista in possesso dell’idoneità. In buona sostanza la società di gestione della farmacia potrà essere composta da soggetti che non sono farmacisti iscritti all’albo e neppure idonei, purché la direzione della stessa sia affidata ad un farmacista che, invece, sia in possesso dei predetti requisiti. Ebbene, la norma così modificata consentirà di superare alcune delle criticità che hanno da sempre impegnato gli addetti ai lavori per garantire il subentro generazionale nella conduzione della farmacia di famiglia da parte dei soggetti privi dei requisiti richiesti dalla legge. Mi riferisco all’impossibilità del trasferimento della farmacia dal titolare al figlio non farmacista o ai problemi relativi alla coesistenza di figli farmacisti e non farmacisti ed alla inevitabile cessione dell’azienda a quello “titolato”, con le ovvie difficoltà nel garantire una eguale partecipazione alla divisione dei beni familiari in favore di quello non farmacista».
L’avvocato ricorda che «le difficoltà di mantenere la farmacia nel patrimonio familiare hanno spinto i giuristi nel corso degli anni a individuare soluzioni contrattuali di natura fiduciaria che non sempre hanno risposto alle aspettative “emotive” dei firmatari: la farmacia di famiglia veniva a malincuore ceduta fiduciariamente e, altrettanto malvolentieri il nuovo intestatario ne gestiva le sorti con la consapevolezza che l’azienda sarebbe dovuta ritornare al vecchio proprietario nonostante tutta la fatica per conservane e, a volte, incrementarne il valore. Da qui, la diffusione di patti condizionati al ri-trasferimento della farmacia, il ricorso al trust, ad intestazioni fiduciarie di varia tipologia o all’uso falsato del contratto di associazione in partecipazione». Tutto ciò ora, dovrebbe finire: la nuova legge consentirà anche ai non farmacisti «di ricorrere allo strumento della società in nome collettivo (s.n.c.), in accomandita semplice (s.a.s) oppure ancora della società a responsabilità limitata (s.r.l.) o per azioni (s.p.a.) per conservare l’azienda di famiglia».

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