«Nella Manovra ignorate le gravissime criticità del comparto». È l’allarme lanciato dall’Associazione distributori farmaceutici (Adf) e Federfarma Servizi, in rappresentanza dei distributori intermedi del farmaco. Le sigle hanno manifestato «grande preoccupazione per l’assenza nella legge di Bilancio 2024 di misure che affrontino le molteplici, gravissime, problematiche del settore». In una nota indirizzata al sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato per richiamare l’attenzione del Governo sul tema, le sigle «hanno sottolineato la necessità di interventi ad hoc per la categoria in un momento di straordinaria criticità per il comparto e per l’intera filiera della salute di cui i distributori sono l’anello centrale. Non si può intervenire su temi che riguardano la farmaceutica senza una visione di sistema che contempli tutti gli attori coinvolti, distributori compresi. Invece, paradossalmente, le misure indicate in Manovra, in particolare quelle relative a modifiche delle modalità di distribuzione dei medicinali, non tengono conto del ruolo essenziale della categoria e anzi sembrano ignorare la grave crisi che ormai da tempo affligge il comparto».

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Remunerazione e Dpc: i nodi cruciali. Walter Farris, presidente Adf, e Antonello Mirone, presidente Federfarma Servizi, hanno ricordato che «abbiamo sottolineato, per anni e in tutte le sedi istituzionali, che le nostre aziende, sebbene obbligate a sempre maggiori investimenti per rispondere alle crescenti esigenze della nuova farmacia dei servizi e della sanità territoriale, dopo il taglio del margine dal 6,65% al 3% stabilito dalla legge 122/2010, subiscono una perdita di circa euro 0,26 per ogni confezione di farmaco Ssn consegnata, come attesta l’analisi dell’Università Sapienza di Roma. Inoltre, negli ultimi due anni i distributori intermedi sono schiacciati da un eccezionale aumento di costi operativi e gestionali, acuiti dall’impennata dei tassi di interesse e dall’inflazione (addirittura per alcune nostre aziende la variazione dei costi finanziari 2023 rispetto al 2022 è di oltre il 389%)».

Disomogeneità tra le varie regioni della Dpc. Come evidenziato dalle sigle, «in tale scenario, neppure l’eventuale passaggio di farmaci dalla Distribuzione diretta alla Dpc previsto dalla Manovra, per quanto auspicabile, arrecherebbe apprezzabili benefici al comparto. Va ricordato infatti che a oggi il sistema Dpc si basa su modalità non uniformi ma estremamente differenziate a livello regionale e che la normativa prevede la stipula di accordi diretti, da parte degli enti territoriali competenti con le sole Farmacie, e non riconosce formalmente il ruolo essenziale della Distribuzione intermedia. Da ciò possono derivare disagi e diseconomie per la piena attuazione e operatività degli stessi».

Equa riforma della remunerazione per i distributori. Farris e Mirone hanno poi evidenziato che «nella lettera congiunta, abbiamo richiamato una nota siglata delle due associazioni di categoria già nel 2019, in cui denunciavamo la crisi del settore, chiedevamo una equa riforma della remunerazione per i distributori, fondando la nostra richiesta sui dati di bilancio e richiamando i quattro elementi da cui non si può prescindere, neanche oggi, per una corretta valutazione dello scenario e della categoria, ovvero: 1. Il ruolo di servizio pubblico essenziale svolto dalla Distribuzione Intermedia, 2. L’obbligo costituzionale di garantire che un servizio pubblico essenziale venga svolto con la possibilità di un utile, 3. L’analisi tecnico economica sulle perdite strutturali che la distribuzione intermedia subisce con l’attuale remunerazione, 4. L’asimmetria competitiva delle vendite dirette da parte dell’industria».

Gli interventi attesi dal Governo. Le sigle hanno riepilogato gli interventi necessari per il sostegno della filiera: «Riguardo agli interventi che ci attendiamo dal Governo (margine del 3% per i grossisti quale margine minimo fisso e coinvolgimento delle sigle dei distributori intermedi negli accordi Dpc insieme alle associazioni delle farmacie), va sottolineato che si tratta di misure senza oneri per il Bilancio dello Stato». Il Governo intervenga o si rischia di disarticolare la catena di fornitura e di non riuscire a garantire la presenza dei medicinali sul bancone della farmacia».

Rischi per la catena di fornitura. Dunque, come riferito dalle sigle, «crediamo che una riforma di sistema sulla remunerazione e sulle modalità di distribuzione dei medicinali debba necessariamente prevedere misure per i distributori intermedi. Diversamente c’è il rischio che si disarticoli la catena stessa di fornitura, con ricadute sulla sanità nazionale, sui suoi attori e soprattutto sui pazienti: è un pericolo imminente e concreto che vogliamo ancora sottolineare. Ci attendiamo quindi misure chiare rivolte alle esigenze specifiche del comparto della distribuzione intermedia e un coinvolgimento, al pari dell’industria e della farmacia, per il riconoscimento della giusta remunerazione del servizio essenziale svolto a favore del cittadino nell’ambito del sistema sanitario nazionale. Non solo è a rischio il settore, ma la stessa presenza dei medicinali sul bancone della farmacia».

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