Qual è la distribuzione dei farmacisti in ciascun Paese? E qual è la distribuzione tra uomini e donne della forza lavoro nelle farmacie a livello globale? A rispondere alle domande è un’analisi curata da un gruppo di ricercatori inglesi della UCL School of Pharmacy e del Global Pharmacy Workforce Observatory, in collaborazione con l’International Pharmaceutical Federation dei Paesi Bassi. Lo studio, intitolato “An analysis of the global pharmacy workforce capacity”, sottolinea come secondo l’Organizzazione mondiale della sanità in questo momento sarebbero necessari circa 7,2 milioni di professionisti in più nel comparto sanitario a livello mondiale; cifra che dovrebbe salire a ben 12,9 milioni entro il 2035. «I farmacisti – spiegano gli studiosi – rappresentano una componente cruciale della forza lavoro in ambito sanitario». Per questo si è proceduto, in collaborazione con istituti professionali e di controllo, nonché con l’aiuto delle università, ad un monitoraggio che ha riguardato 89 nazioni. Al fine di standardizzare i risultati, è stata calcolata anche la densità della popolazione di farmacisti ogni 10 mila abitanti. Già in questo senso si è riscontrata una differenza particolarmente marcata tra gli Stati oggetto dell’analisi, con gli 0,02 farmacisti riscontrati in Somalia, a fronte dei 25,07 di una nazione come Malta. In generale, indicano i ricercatori, è proprio il continente africano quello che presenta il quantitativo meno importante di farmacisti in rapporto alla popolazione residente. Ciò perché «la presenza dei professionisti appare legata strettamente al prodotto interno lordo nazionale e alla spesa sanitaria dello Stato». In termini di luoghi di lavoro, la maggior parte dei farmacisti risulta impiegata in farmacie territoriali. Seguono gli ospedali, le industrie, le università e gli istituti di controllo. In generale, la presenza femminile è particolarmente nutrita, con punte del 65% in alcune aree. In conclusione, i ricercatori spiegano che «la forza lavoro tra i farmacisti varia considerevolmente in funzione dei Paesi e delle regioni, e risulta in generale correlata alla ricchezza. Ciò comporta importanti implicazioni in termini di disuguaglianze nell’accesso alle cure».
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