aifaUn no «a caratteri cubitali» alla determina Aifa numero 458 sull’equivalenza terapeutica è arrivato da un nutrito gruppo di associazioni: Cittadinanzattiva–Tribunale per i diritti del malato, Amici, Amri, Anmar, Associazione malati di reni, Cardiosalus, Diabete Italia, Fand, Fare, Fimmg, Fnomceo, Forum nazionale dializzati e trapiantati, Sid, Sidemast, Sif, Simba, Simg e Sin. Secondo queste ultime, riferisce Cittadinanzattiva, la determina «va ad incidere sul modello di assistenza, sulla professionalità dei medici prescrittori e sul ruolo dei pazienti». Se applicata, essa «porterebbe a conseguenze gravi su diversi fronti: i pazienti si ritroveranno, nel corso di una cura già in atto con determinati farmaci, ad essere trattati con molecole diverse, perché meno costose, a prescindere dall’equilibrio trovato», e nonostante il rischio di «potenziali effetti avversi derivanti da molecole non del tutto adatte per quel paziente». Inoltre, «la compliance e l’aderenza al farmaco potrebbero diminuire, complicando molto la vita dei malati cronici che assumono giornalmente molti farmaci». E i medici, «da intellettuali e professionisti della cura, rischiano di diventare solo burocrati, in quanto meri esecutori di scelte decise da altri: potranno prescrivere solo la molecola tra quelle presenti in una categoria farmacologica». La determina Aifa dà in effetti il via libera alle gare tra farmaci “terapeuticamente equivalenti”, favorendo quelli con il prezzo più basso. «Secondo questo principio – proseguono le associazioni – farmaci contenenti principi attivi diversi tra loro, ma appartenenti alla stessa classe potrebbero essere sostituibili, se fosse dimostrata l’equivalenza terapeutica. In realtà il concetto di equivalenza terapeutica andrebbe dimostrato mediante prove solide, ad esempio studi che dimostrino la non-superiorità di farmaci contenenti principi attivi diversi. Poiché tali tipologie di studi appaiono difficilmente attuabili da parte dei produttori di farmaci, anche per gli elevati costi che richiedono, la commissione incaricata di valutare l’equivalenza terapeutica si potrebbe avvalere di prove diverse, ma non in grado di dimostrare l’equivalenza terapeutica». Il che porta ad affermare che «l’unico obiettivo è quello di tagliare i costi, senza considerare che la diversità di pazienti può richiedere farmaci con caratteristiche intrinseche differenti, seppure raggruppate nella stessa categoria terapeutica». Il principio, conclude Cittadinanzattiva, si applicherebbe a tutti i farmaci con principi attivi diversi che sono usati da almeno un anno, «intendendo per esempio che nella categoria dei diuretici se ne potrà prescrivere solo uno, quello che vince la gara, a prescindere sia dalle caratteristiche del paziente sia da quelle farmacologiche della molecola specifica».

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