In occasione dell’International Clinical trials day, Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, ha presentato il quadro dettagliato sullo stato della ricerca clinica in Italia. Dal 2022, con l’entrata in vigore delle nuove normative europee, sono stati autorizzati oltre 2650 studi clinici nel Paese, secondo i dati dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema). Gli investimenti delle aziende farmaceutiche ammontano a circa 800 milioni di euro all’anno, con ricadute positive per il Servizio sanitario nazionale e per i pazienti, che accedono a terapie innovative.
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Competitività italiana nel panorama internazionale
Come evidenziato da Cattani «gli studi clinici rappresentano un’area di prioritaria importanza per la ricerca. La nostra nazione può fare la propria parte con le molte eccellenze che ha: imprese, risorse umane, università, centri di ricerca, ospedali, Ssn, operatori della salute. E grazie alle riforme portate avanti dal Governo per rafforzare le life sciences, si può davvero essere ancora di più protagonisti sulla scena internazionale, anche con la velocizzazione delle procedure di attivazione degli studi clinici».
Italia ha 42 clinical trials: terzo posto al mondo dopo Cina
Cattani ha poi osservato che «uno studio dell’Università di Stanford evidenzia come su un totale mondiale di 537 studi clinici che menzionano l’uso di sistemi di Ia nel 2024, l’Italia con 42 clinical trials si posizioni al terzo posto al mondo dopo Cina e Usa, a dimostrazione del valore della nostra ricerca e delle nostre competenze scientifiche. Oggi la competizione è accesa a livello europeo e globale, con Paesi che adottano politiche mirate per attrarre sempre più investimenti nella Salute».
Europa indietro per investimenti in ricerca e sviluppo
Ciò nonostante, secondo il Presidente di Farmindustria «l’Europa è rimasta indietro negli ultimi 20 anni per investimenti in ricerca e sviluppo, con una quota passata dal 41% al 31% rispetto al totale delle maggiori economie. Nello stesso periodo, la quota degli Stati Uniti è passata dal 44% al 52% mentre quella della Cina dall’1% all’8%». Deve quindi recuperare il gap, con un contesto più attrattivo per gli investimenti e rafforzando la proprietà intellettuale, come stanno facendo gli altri grandi ecosistemi mondiali. È necessaria una nuova strategia, che sappia accogliere e valorizzare l’innovazione, puntando in maniera chiara sui settori che generano maggior valore per i cittadini e per la crescita economica dei Paesi europei, come quello delle scienze della vita. Con la rivoluzione nella Ricerca, grazie all’Ia e ai velocissimi progressi tecnologici, saranno 2mila i miliardi di dollari di investimenti farmaceutici in ricerca e sviluppo tra il 2025 e il 2030 nel mondo. Già oggi sono 24mila le molecole in sviluppo a livello globale. È una partita quindi che va giocata ora con determinazione, consapevoli che ce la possiamo fare».
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