insegne farmacieIl senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, nella veste di presidente dell’Ordine dei farmacisti di Bari, Barletta, Andria e Trani, ha pubblicato una nota nella quale fornisce alcuni chiarimenti in merito alle insegne delle farmacie. «Anche a seguito di quesiti posti a quest’Ordine – si legge nel testo – si rende opportuno ricordare quanto le vigenti disposizioni di legge stabiliscono in materia di insegne luminose di farmacia». Il parlamentare sottolinea in particolare che «l’articolo 2598 del Codice Civile, nel richiamare il contenuto dell’art. 2564, riconosce il diritto di uso esclusivo all’utilizzo dell’insegna quale elemento distintivo di uno specifico locale in cui si esercita una determinata attività. L’art. 5 del decreto legislativo del 3 ottobre 2009 n. 153, inoltre, stabilisce che “al fine di consentire ai cittadini un’immediata identificazione delle farmacie operanti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, l’uso della denominazione farmacia e della croce di colore verde, su qualsiasi supporto cartaceo, elettronico o di altro tipo, è riservato alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie ospedaliere”». Inoltre, «la legge regionale n. 5 del 18 febbraio 2014, che disciplina i turni e gli orari del Servizio pubblico farmaceutico territoriale, prevede in materia di insegne prevede che ogni farmacia debba “dotarsi di una insegna idonea all’individuazione dell’esercizio da parte dell’utente”; che “la farmacia aperta per turno di servizio, sia obbligatorio che volontario, deve avere una insegna illuminata nelle ore serali e notturne”, e che essa debba rimanere spenta quando il servizio non è attivo». L’Ordine provinciale aggiunge che tali disposizioni «sono da applicarsi alle denominazioni e ai simboli che possano consentire ai cittadini una immediata ed inequivocabile identificazione della farmacia. Si evidenzia infine che la succitata legge regionale all’art. 13 comma 1 lett. A prevede, in caso di violazione, la sanzione pecuniaria di 500 euro, salvo che il caso non costituisca più grave reato, e che la medesima violazione forma oggetto di procedimento disciplinare ai sensi del comma 5 art. 37 del Codice deontologico».

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