Non esiste un momento migliore, rispetto quello attuale, per far sì che una farmacia comunale ben amministrata possa produrre frutti per i sindaci. E, di conseguenza, questi ultimi non dovrebbero avere alcun interesse a vendere gli esercizi. L’opinione è stata espressa da Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, in un editoriale apparso sul notiziario dell’associazione. Nel testo, il dirigente spiega che «la stragrande maggioranza delle farmacie comunali italiane gode di ottima salute. Una salute che attraversa le principali dimensioni dell’essere farmacia sociale».
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Gizzi ricorda quindi una serie di iniziative effettuate: «Ad Arezzo è stato avviato un servizio di consegna notturno per persone che non possono muoversi da casa. A Scandicci sono state offerte visite gratuite per la prevenzione del melanoma, a Fiumicino ospitiamo un servizio di primo ascolto a donne vittime di maltrattamenti, a Rieti supportiamo un progetto di miglioramento della qualità della vita degli over 60. Abbiamo donato cinque defibrillatori a Moltalto di Castro, a Perugia abbiamo avviato una campagna di screening per la salute dei reni, a Vittorio Veneto doniamo un prodotti neonatali ad ogni nuovo cittadino, a Varese portiamo avanti una campagna contro l’invecchiamento precoce, a Bacoli visite senologiche gratuite». Tutto ciò secondo il presidente di Assofarm «è possibile grazie alla cultura civico-sanitaria dei nostri manager e farmacisti, che intendono sé stessi e le proprie aziende come veri e propri attivisti dello sviluppo locale».
Nel periodo in cui la maggior parte dei CdA delle associate approva i bilanci, secondo Gizzi «è davvero impressionante vedere come una schiacciante maggioranza di aziende farmaceutiche comunali riesca a produrre risultati pienamente lusinghieri, nonostante non solo i problemi del settore, ma anche limiti aggiuntivi che pesano sulle comunali e non sui concorrenti privati. Solo le farmacie comunali, infatti, sottostanno alle rigidità del patto di stabilità e del codice degli appalti. Solo le farmacie comunali garantiscono ai loro farmacisti dipendenti condizioni contrattuali più vantaggiose dei colleghi del settore privato». E gli utili «sono utili pubblici».
«Certo – aggiunge il dirigente – ci sono anche farmacie comunali che hanno prodotto perdite consistenti. Ma i sindaci loro proprietari non possono non sapere che il Paese possiede manager competenti e best practices realizzate altrove in grado di guidare il risanamento. Certo, ci sono amministrazioni che hanno impellente necessità di denaro contante. Ma queste non possono non sapere che la maggior parte dei bandi di vendita va deserto fino a quando non si producono drammatici ribassi della base d’asta».
Di qui la conclusione: per un sindaco, «avere una o più farmacie comunali significa accettare la sfida entusiasmante di confrontarsi con la quotidianità sanitaria dei propri concittadini, significa scoprirsi imprenditore di un’economia nuova, significa sviluppare strategie dalla gittata superiore al proprio mandato».
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