venanzio gizzi assofarm«Il prolungarsi dei tempi per la conclusione dei lavori su quello che la stampa di settore chiama il Tavolo Sifo, e il conseguente e giustificato riserbo che tutti noi partecipanti dobbiamo mantenere, ci offre lo spazio per qualche riflessione sulla cultura socio-sanitaria che, a nostro avviso, dovrà interpretare e concretizzare i risultati del gruppo di lavoro stimolato a suo tempo dai farmacisti ospedalieri. La cultura cui facciamo riferimento è quella della centralità del cittadino». Il presidente di Assofarm Venanzio Gizzi, in un editoriale apparso sul notiziario dell’associazione delle farmacie comunali, ricorda così l’obiettivo che a suo avviso dovrebbe avere «ogni legge e regolamento», ovvero «il miglioramento della qualità della vita dei nostri concittadini in difficoltà». Di qui il richiamo alle «critiche sulla distribuzione diretta che Assofarm va maturando da più di dieci anni. Secondo la nostra federazione si è prodotta una sorta di distorsione dei contenuti presenti nella legge 405/2001: da un lato la crescente ipertrofia del PHT, dove l’introduzione di nuovi farmaci non si accompagna all’uscita dei non più nuovi, dall’altro una somministrazione al paziente dei farmaci in lista ben oltre il periodo post-degenza. Non vi sono dubbi che tali pratiche generino risparmi sulla spesa farmaceutica, ma lo fanno “riversando” sul cittadino tutti i costi distributivi. Ciò che insomma la comunità risparmia in tasse, probabilmente lo paga il malato in benzina, parcheggi, tempo, e via dicendo». Secondo Gizzi, gli interessi di parte sono legittimi ma non devono diventare prioritari rispetto a quelli del cittadino. Compreso nel caso delle farmacie: «Non v’è dubbio che quanto accaduto attorno alla 405 abbia danneggiato i bilanci della farmacia territoriale. Ma d’altronde la farmacia non ha alcun diritto divino di esistere: o dimostra che può avere un suo ruolo efficace ed efficiente a favore dei diritti del paziente, oppure è giusto che venga marginalizzata». Di qui due conclusioni. La prima: la necessità per la farmacia territoriale di dotarsi di «una buona dose di onestà intellettuale e di spirito propositivo». La seconda «se davvero si crede nella centralità del cittadino, di essere più fermi e coesi nel portare avanti tale convinzione».

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