fringe benefitNel corso degli incontri con le nostre farmacie – sinora tenuti a Roma e in altre tre o quattro province, ma che stiamo organizzando anche in altre sedi regionali o provinciali – ci soffermiamo anche su questo specifico argomento, tentando di offrire alle farmacie le soluzioni più opportune – e meno onerose per le casse aziendali – per venire incontro alle esigenze del personale dipendente, che di questi tempi possono talora rivelarsi particolarmente sentite.
Siamo quindi in tema di fringe benefit che, come noto, si risolvono in compensi in natura concessi al lavoratore ma che al tempo stesso godono di particolari vantaggi fiscali, perché da un lato non sono generalmente imponibili per il dipendente e dall’altro sono deducibili come costo di esercizio per la farmacia.

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1. Omaggi aziendali
Gli omaggi non devono evidentemente essere in denaro, ma in beni e servizi, anche mediante, ad esempio, buoni spesa (non buoni pasto, che, come vedremo subito, sono un’altra cosa); c’è però il limite di € 258,23 annui per unità lavorativa.
Sugli omaggi, sempre nel rispetto di questo tetto massimo, non sono previste ritenute a carico dei dipendenti né contributi gravanti sul datore di lavoro.

2. Auto aziendali
Ai dipendenti può essere assegnata in uso anche privato (cioè, promiscuo) una vettura inserita tra i beni aziendali come cespite ammortizzabile.
La deducibilità spetta nella misura del 70% della spesa d’acquisto, mentre l’IVA ad essa inerente viene recuperata in ragione del 40% del suo ammontare.
Nella busta paga del dipendente risulta un compenso in natura – pari al 30% del costo chilometrico annuo, determinato annualmente dall’Aci per una percorrenza media di 15.000 km – da assoggettare a ritenute fiscali e previdenziali: Fiat 500, € 1.821,13 (pari al 30% della tariffa Aci per il 2014) : 12 mesi = € 151,76 al mese.

3. Fabbricati
Anche i fabbricati di proprietà del titolare di farmacia in quanto tale, quindi inseriti nel patrimonio aziendale, ovvero posseduti dalla farmacia quale parte conduttrice, possono essere concessi in uso o in comodato al dipendente (che magari abbia la sua residenza abituale in un comune lontano dal luogo di esercizio della farmacia), nella cui busta paga figurerà in tal caso – in linea generale e salvi approfondimenti caso per caso – un valore assoggettato a imposte e contributi soltanto per un importo pari alla differenza tra la rendita catastale del fabbricato e quanto eventualmente corrisposto dal dipendente al datore di lavoro.
Esempio: rendita catastale € 1.800, in busta paga figurano € 150 al mese (€ 1.800 : 12), sui quali il datore di lavoro paga i contributi inps e il lavoratore le ritenute fiscali e previdenziali.

4. Buoni pasto
Il valore giornaliero limite ammesso interamente al beneficio in argomento è di € 5,29 ed è questo dunque l’importo da inserire in busta paga, e perciò: € 5,29 per 26 giorni = € 136,76.
Sul buono pasto non sono previste ritenute a carico del dipendente né contributi a carico del datore di lavoro, mentre il suo intero valore (che aziende del settore forniscono in veste di “ticket”), esposto nella fattura d’acquisto, è deducibile per la farmacia che sostiene la spesa.

5. Somme erogate dal datore di lavoro per asilo nido, colonie, borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti.
Questi importi, documentati dal soggetto percipiente (asilo nido, ecc.), sono deducibili dal reddito della farmacia ma in misura non superiore al 5×1000 dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi, e non sono assoggettati a ritenute fiscali, né a contributi inps.
Tuttavia, questi benefit per godere di tale regime devono – al pari dei buoni pasto – essere erogati a tutti i dipendenti (collaboratori, commessi, magazzinieri, ausiliari) ovvero a tutti gli appartenenti ad una stessa categoria; diversamente, se cioè erogati “ad personam”, sono interamente assoggettati a ritenute e contributi.

(franco lucidi)

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