Finalmente le prospettive che le Farmacie Comunali portano avanti da anni stanno iniziando a realizzarsi, nulla però deve essere già dato per scontato. Potrebbe essere questa la considerazione conclusiva emersa dalla giornata di studio dal titolo “Evoluzione del ruolo del Farmacista dopo la pandemia di Covid-19” che ha seguito l’Assemblea generale dell’Unione Europea delle Farmacie Sociali, svoltasi il 29 e 30 settembre a Pisa. Per Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, si è trattata di «una due giorni che, come ormai da piacevole tradizione, è stata caratterizzata da un intenso scambio di esperienze e stimoli tra tutti gli appartenenti alla UEFS. Una delle principali novità di questo incontro rispetto ai precedenti, ed è bene puntualizzarlo, sta forse nel fatto che Assofarm ha potuto testimoniare l’avvio di processi di riforma potenzialmente rilevanti per la farmacia italiana. Certo non mancano i nodi da sciogliere e rischi di rallentamento, “eppur si muove”, avrebbe detto il pisano Galileo Galilei».

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I temi affrontati a Pisa

Secondo Gizzi «la pandemia, ho avuto occasione di ricordare a tutti i presenti al convegno, ha spinto la sanità italiana verso la soluzione di problemi che per troppo tempo sono stati rimandati o messi sotto silenzio. Questa necessità riformatrice, finalmente riconosciuta da quasi tutti, non poteva più trascurare la farmacia territoriale, soprattutto a seguito dei meriti sul campo maturati dalla farmacia stessa lungo tutta la crisi sanitaria». Il dirigente sottolinea che «certo anche altrove la vicenda Covid ha prodotto una maggiore valorizzazione delle farmacia territoriale. A Pisa ci siamo particolarmente concentrati su alcuni importanti casi nazionali».

La situazione in Europa

Quanto alla situazione in Europa, Gizzi ha evidenziato che «in Francia quasi il 90% delle farmacie ha dispensato vaccini anticovid. Un risultato straordinario, in larga parte dovuto al fatto che già da anni le farmacie erano state attivamente coinvolte nelle campagne antinfluenzali», mentre «in Belgio, invece, la figura del Farmacista di Riferimento (relativo alla possibilità che hanno i pazienti cronici di scegliere un unico farmacista che segua tutto il loro percorso terapeutico) ha giocato un ruolo determinante nella cura domiciliare e nella successiva riabilitazione dei cittadini ammalatisi di Covid». Secondo Gizzi «in sostanza, più il processo di integrazione della farmacia nei sistemi sanitari era già in fase avanzata nel momento in cui è iniziata l’emergenza, più la farmacia stessa ha potuto dare un contributo rilevante. Se dunque in tutta Europa, Italia compresa, si registra un vento in poppa per la farmacia territoriale, da Pisa è emersa la necessità di non disperdere il potenziale di questa forza motrice».

Il futuro della Dpc e della farmacia

Gizzi evidenzia che «un primo campanello d’allarme lo ha suonato il Presidente Fondazione Ricerca e Salute, Nello Martini. Come già aveva fatto a dicembre scorso durante la giornata nazionale delle Farmacie Comunali, il fondatore di Aifa ha rimarcato i suoi dubbi sul fatto che la Dpc sia il futuro della farmacia italiana. Un’opzione, ha detto Martini in un intervento appassionato, che rischia di relegare il farmacista al ruolo di puro dispensatore di prodotto, e al contempo lo esclude dagli ambiti in cui si genera il vero e nuovo valore sanitario. Una maggiore integrazione della farmacia con il Ssn non si gioca sul fronte distributivo del farmaco, ma su quello dispensativo di servizi terapeutici in collaborazione con gli altri professionisti della salute». Per il dirigente «altro elemento critico, secondo diversi interventi dell’incontro toscano, potrebbe nascondersi proprio nella riforma che più di ogni altra dovrebbe invece sancire il pieno rilancio della farmacia. Quel grande progetto delle Case di Comunità nel quale le farmacie hanno faticato ad entrare e che, una volta presenti, non hanno ancora visto funzioni definite».

Il ruolo della farmacia territoriale

Concludendo, Gizzi evidenzia che «concordiamo ormai tutti sul fatto che la farmacia territoriale debba ricavarsi il proprio ruolo nella dimensione demografica del progetto. Il bacino di utenza dei 50mila cittadini non può garantire la prossimità delle Case di Comunità, tanto nelle città quanto a maggior ragione nelle aree rurali. Cosa che invece la pianta organica delle farmacie può fare e già fa. Colmare la distanza tra questa constatazione e una sua successiva formalizzazione operativa è però la sfida che impegnerà buona parte dei nostri sforzi futuri. Una cosa invece è già certa. La tragedia del Covid ha dimostrato che la Sanità italiana è capace di non essere seconda a nessun’altra. Siamo stati il primo paese in Europa a dover affrontare la dimensione massiva dell’epidemia e abbiamo trovato idee e forze per superarla. Abbiamo adottato politiche di contenimento tra le più rigorose, e le abbiamo rispettate. Abbiamo progettato una campagna vaccinale ambiziosa e abbiamo realizzato numeri superiori alla maggior parte dei nostri partner europei. Oggi che la fase emergenziale sembra sostanzialmente terminata, dovremmo affrontare con pari orgoglio, determinazione e rigore la nuova fase strutturale. Un grande paese è tale nei momenti straordinari, ma anche in quelli ordinari».

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