I lavoratori delle farmacie comunali di Genova hanno annunciato uno stato di agitazione. Spiegando che i numeri presentati dal Comune in merito ai risultati operativi sono «falsi». A riferirlo è il quotidiano locale Genova24.it, secondo il quale i dipendenti delle farmacie hanno anche «smentito le affermazioni dell’assessore all’Ambiente Matteo Campora, che nei giorni scorsi, a mezzo stampa, si è espresso sulla presunta vendita della società al fine di “tagliare i costi” e ha dichiarato che i ricavi di Farmacie Genovesi Srl non coprono le spese». Un concetto contestato dai lavoratori: «Niente di più falso: il rendiconto dell’esercizio è pubblico e tutti possono controllare i bilanci consuntivi e preconsuntivi. Il consuntivo 2016 è stato di +36.000 euro ed il preconsuntivo 2017, non ancora chiuso, di +59.000 euro”».
Inoltre, sempre secondo i dipendenti dell’azienda, «tutti i maggiori introiti sono stati investiti nelle ristrutturazioni per rendere le farmacie più moderne, funzionali ed offrire un miglior servizio alla cittadinanza. Oggi si tenta di capitalizzare quegli impegni finanziari con un’operazione volta solo a “fare cassa”. È chiaro che per l’amministrazione comunale la logica della vendita è esclusivamente quella del business, mentre non vi è alcun interesse nei confronti della valenza sociale di questo presidio, così importante per la cittadinanza, né tantomeno per il peggioramento delle condizioni a cui i lavoratori andrebbero incontro, in caso di privatizzazione». Di qui la decisione di avviare lo stato di agitazione, che verrà portato avanti dai lavoratori «senza esclusione di ogni forma di lotta per evitare un’operazione scellerata che, su altri capoluoghi italiani dove è stata effettuata negli anni scorsi, sta determinando un arretramento nelle condizioni e nella retribuzione dei lavoratori, e finanche la perdita di posti di lavoro».
Di recente, anche i 42 dipendenti delle farmacie a marchio Lloyds di Bologna hanno minacciato di intentare una causa nei confronti di Admenta Italia, società proprietaria degli stessi negozi. «Lavoriamo perennemente sotto organico – avevano spiegato – e molti di noi ci stanno rimettendo la salute. A Milano, nelle nostre farmacie, già diversi colleghi si sono licenziati, non riuscendo più a sostenere questi ritmi. Qui a Bologna, solo negli ultimi due mesi, due giovani direttrici hanno deciso di andarsene via, e un’altra ha avuto un esaurimento nervoso». Si è anche parlato di personale costretto a «ore di straordinario non pagate pur di riuscire a terminare il carico di lavoro», nonché di necessità in alcuni casi «di chiudere il Cup, creando così un disservizio». Da parte sua, la Admenta Italia aveva quindi replicato con decisione, contestando le ricostruzioni dei lavoratori, in particolare per quanto concerne le modalità di lavoro.
Inoltre, sempre le farmacie comunali sono state protagoniste di un botta e risposta con la Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane, con quest’ultima che ha lamentato presunte discriminazioni a danno dei farmacisti di parafarmacia in alcuni bandi pubblicati da farmacie comunali. Una questione che ha contrapposto in particolare il presidente della FNPI Davide Giuseppe Gullotta e quello di Assofarm Venanzio Gizzi.
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