farmaci mancantiPeriodicamente torna alla ribalta il tema della carenza dei farmaci, coi moniti ministeriali a rispettare quanto previsto dalle norme e il rimpallo di responsabilità tra industria e distribuzione. FarmaciaVirtuale ha voluto raccogliere le opinioni dei colleghi con un sondaggio, per dare voce all’esperienza di chi tutti i giorni si trova a dover fare i conti con gli effetti di questo problema. Abbiamo prima di tutto chiesto se, in base all’operatività quotidiana, il fenomeno sia stato arginato. A rispondere che “il problema è completamente risolto e la farmacia riesce a erogare le quantità richieste dai pazienti” è solo l’1,86%, mentre il 22,79% afferma “in parte: le quantità che la farmacia ottiene sono parzialmente sufficienti a soddisfare la domanda da parte dei pazienti”. La stragrande maggioranza, ben 2 su 3, il 75,35%, dice invece “no, la filiera arreca grave disservizio alla farmacia, privandola delle quantità necessarie allo svolgimento del servizio”. Andando a vedere invece chi è considerato il principale responsabile dei farmaci mancanti, le opinioni sono all’incirca tripartite: per il 58,14% la colpa è della distribuzione intermedia, cioè del grossista, che sottrae quantità dal mercato per l’export, per il 51,16% dell’industria farmaceutica che contingenta i farmaci e per il 45,58% delle farmacie, che rastrellano quantità dal mercato per l’esportazione parallela. Un 8,84% adduce infine altre motivazioni, quali la corresponsabilità dei tre attori, ma anche del governo che non limita l’export e dell’Europa. Dato che a contribuire al fenomeno sembrerebbe anche la condotta di certe farmacie, abbiamo chiesto ai colleghi se ritengano l’export di farmaci un’opportunità economica per queste ultime, e solo per un terzo, il 33,81%, la risposta è affermativa, mentre il restante 66,19% pensa di no. I motivi del no sono che si “mette in difficoltà l’assistenza dei pazienti”, “snatura il ruolo del farmacista e della farmacia” dato che “questo è lo scopo di grossisti e aziende, non il nostro”, “è contro la deontologia professionale”, è “solo per i farmacisti-affaristi, non per i farmacisti-farmacisti veri”, “non è il nostro mestiere, non ci sono margini e i nostri competitor sono enormemente più forti e strutturati di noi”. Per più di uno, alla fine, non sarebbe nemmeno molto vantaggioso, anche perché si potrebbero perdere i clienti “a vantaggio invece delle farmacie che assicurano la disponibilità dei prodotti”. Il fronte del sì sostiene che invece l’export garantisca maggiori guadagni, ”aumenta il giro economico della farmacia che con il solo lavoro proprio non ce la fa più a stare sul mercato” e “si ammortizzano i ritardi dei pagamenti Asl”. Alla domanda, allora, su come abbiano risolto il problema del contingentamento, i colleghi nel 60% dei casi hanno risposto “ordinando direttamente all’industria farmaceutica “, nel 32,38% “stringendo un rapporto fiduciario con un unico grossista di riferimento”, mentre un 30% ha dato altre risposte, tra cui la più ricorrente è che, purtroppo, non sono riusciti a risolvere il problema o solo in parte. Altri hanno invece aumentato il magazzino, inviato ripetute richieste a grossisti e ditte farmaceutiche o si sono aiutati tra colleghi di farmacie diverse. Abbiamo quindi cercato di capire qual è la “black list” delle aziende con cui, seppur con un ordine diretto, ci sono le maggiori difficoltà a reperire le giuste quantità di farmaci. In cima alla lista nera c’è Sanofi Aventis, segnalata da moltissimi colleghi, seguita da GSK GlaxoSmithKline e a stretto giro da Boehringer Ingelheim. E poi ancora, anche se a distanza, Pfizer, AstraZeneca e Eli Lilly.

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