Quella della distribuzione per conto in Liguria è una vicenda singolare ma certo non priva di interesse. Nata come polemica tutta locale tra la Giunta Toti e l’opposizione Pd, si è magicamente evoluta in uno dei dibattiti nazionali più promettenti degli ultimi tempi. Davvero una grande occasione per la farmacia italiana.
Il susseguirsi di fatti e dichiarazioni è ormai noto a chiunque segua la stampa di settore. Il 19 settembre scorso il PD ligure convoca, in modo singolare, una conferenza stampa nella quale critica la recente delibera della Giunta Toti di estendere la distribuzione in nome e per conto su tutto il territorio regionale. I dettagli dell’iniziativa non sono del tutto chiari nei diversi articoli pubblicati, ma chiari sono invece i numeri esposti dal Partito Democratico: al momento il costo della cessione diretta dei farmaci salvavita con recapito a domicilio è di 1,8 euro a pezzo, mentre lo stesso servizio erogato tramite farmacia costerebbe all’Asl circa 8 euro.
Nella discussione si inserisce con equilibrio la SIFO, Società Italiana dei Farmacisti Ospedalieri, ricordando che nella comparazione tra i due sistemi “i fattori da prendere in esame sono tanti. E vanno messi nella giusta correlazione l’uno con l’altro. Altrimenti, senza un metodo di lavoro scientificamente basato e condiviso tra i diversi attori in campo, di volta in volta la realtà può apparire diversa. “I diversi costi che caratterizzano in particolare la distribuzione diretta e la distribuzione per conto, se presentati e valutati in maniera troppo semplificata, danno adito ad interpretazioni non corrette”.
Interpretazioni non corrette è molto probabile che lo siano, spiace dirlo con tanta franchezza, quelle del ragionamento portato avanti dai rappresentanti del PD in consiglio regionale ligure.
Come è possibile mantenere un livello di costo così basso quando tutti sappiamo che un semplice calcolo del solo costo di un farmacista può valere 0,50 Euro al minuto? E i costi della spedizione a domicilio? Sono a tutti noti i costi di delivery: una spedizione di un pacchetto costa, utilizzando un corriere espresso, un minimo di 3 Euro.
Eppure la questione non si può nemmeno esaurire nella sola conta degli euro “visibili”.
Assofarm condivide appieno la risposta della vice presidente e assessore alla Salute ligure Sonia Viale, la quale ha ricordato come il servizio di distribuzione diretta (mettendo sul tavolo l’esempio di Imperia) è limitato ad alcuni momenti della settimana, e in un numero limitato di sedi su tutto il territorio. Il risultato sarebbe quello di provocare grandi disagi di spostamento e di lavoro per i cittadini.
Oltre tre anni fa, Assofarm Emilia Romagna ha commissionato una ricerca al Centro Studi Antares sui costi visibili e non della distribuzione diretta. I risultati sono stati netti: nel contesto emiliano il rapporto di presenza territoriale di uno a venti tra Asl e Farmacie fa si che nella distribuzione diretta i cittadini impieghino più tempo, spendano più denaro (per i trasferimenti) e siano costretti a sottrarre più tempo a lavoro e tempo libero per reperire i farmaci cui hanno diritto.
La distribuzione diretta comporta insomma un ticket occulto assai pesante nella quotidianità dei cittadini.
Noi crediamo che la sanità pubblica abbia il dovere di non badare solo ai propri bilanci, ma anche al valore del suo servizio per la qualità della vita del cittadino. Che senso ha controllare i costi se questo penalizza i nostri utenti?
I dati della nostra ricerca in Emilia Romagna sono scientificamente validi per le variabili considerate e il territorio esaminato. Validità però che non può essere estesa d’ufficio in altri contesti geografici, e che non esaurisce la complessità del tema nella sua interezza.
Tutto questo per dire che, pur caldeggiando da anni la diffusione della distribuzione per conto, Assofarm condivide con la SIFO la necessità di produrre studi più approfonditi e geograficamente estesi all’intero territorio nazionale, e al contempo ritiene che sia più che opportuno aprire un Tavolo di confronto sul tema, così come auspicato dai farmacisti ospedalieri. Altrettanto certo è però il merito della Regione che ha avuto il coraggio di provare una strada diversa da quella solitamente battuta dalla maggior parte delle altre regioni italiane.
Sappiamo che le regioni vedono di buon occhio la distribuzione diretta per il maggior margine di sconti che questa concede loro. Trattare direttamente con le industrie grossi lotti di farmaci permette loro di ottenere sconti del 50-70%, mentre con le farmacie devono fermarsi a quota 30%. Quello però che non viene calcolato sono i costi di magazzino, di stoccaggio, dei farmacisti. I risparmi della diretta sarebbero quindi immediati, ma non necessariamente effettivi.
La nostra impressione è che la Giunta Toti sia stata più lungimirante e innovativa. Dal punto di vista dell’economia sanitaria, ha optato per avere maggiore controllo sui volumi di spesa e consumo per singolo paziente. Mentre dal punto di vista della pratica politica, la scelta è stata quella di privilegiare gli interessi del paziente attraverso un servizio logisticamente più vicino alla sua quotidianità.
Se la farmacia è davvero un elemento importante per il sistema salute italiano (così è stato dichiarato anche nel recente atto d’indirizzo del Comitato di Settore Regioni Sanità), allora la si deve dotare di un meccanismo remunerativo che garantisca la sostenibilità di chi lo merita.
Per “merito” intendiamo un sistema che privilegi la qualità del servizio al cittadino e al contempo controlli i livelli di spesa pubblica. Non è cosa di poco conto, in una congiuntura caratterizzata da spesa sanitaria in aumento e aspettativa di vita in calo.
La distribuzione per conto è certamente un elemento pienamente compatibile con questa nostra visione. I casi attuati da alcune regioni offrono spunti rilevanti. Pensiamo alla remunerazione del farmacista non più in base al fatturato prodotto (logica altamente penalizzante per i bilanci pubblici) ma per pezzo distribuito. Altrove invece il costo dell’erogazione per conto è declinato in fasce di prezzo dei farmaci, ognuna delle quali corrisponde un determinato livello di remunerazione. Siamo insomma in contesti pienamente compatibili con quanto previsto dalle legge attuale, che prevede una remunerazione mista con componenti fisse e altre variabili sul prezzo del farmaco.
È nostro dovere sostenere ogni iniziativa volta ad approfondire la conoscenza di vantaggi e limiti di ogni sistema distributivo applicato ai vari contesti regionali. Ma al contempo vorremmo che ci fosse riconosciuto un sincero approccio da servizio pubblico.
Riteniamo che la farmacia debba avere un futuro non in forza di qualche diritto divino, ma perché il suo ruolo è funzionale allo sviluppo della sanità italiana.
Venanzio Gizzi Presidente Assofarm
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