ddl concorrenza farmacieQuali sono le prospettive e le opportunità future per le farmacie italiane? A tentare di rispondere alla complessa domanda è stato uno studio effettuato dalla Fondazione EYU, in collaborazione con Federfarma e con il supporto dei ricercatori del dipartimento di Economia dell’università di Bologna. L’analisi è stata presentata a Roma il 25 ottobre scorso, alla presenza di alcuni esponenti del Partito Democratico (Mario Marazziti, Donata Lenzi, Federico Gelli e Silvia Fregolent, quest’ultima relatrice del disegno di legge sulla Concorrenza alla Camera) e del capo della segreteria tecnica ministero della Salute, Nando Minnella. «Il lavoro – spiega Federfarma – è costituito da due parti: la prima fornisce dati e informazioni sull’assetto del servizio farmaceutico e sull’evoluzione normativa ed economica del settore negli ultimi anni; la seconda parte prende in esame dati dei bilanci delle farmacie, estrapolati dalla Banca Dati SoSe (società del Ministero dell’economia che cura gli studi di settore)». Nello studio «sono messi a confronti i dati economici delle farmacie di proprietà di farmacisti con quelli delle farmacie comunali, gestite da società di capitali, che hanno aderito agli studi di settore». Ne sono scaturite «significative conclusioni dello studio, accolte con interesse dai partecipanti alla presentazione». Secondo i ricercatori, infatti, «le differenze territoriali nelle modalità di erogazione dei farmaci, oltre a creare forti differenze nell’accesso al farmaco da parte dei cittadini, influenzano in misura rilevante l’attività delle farmacie». Il superamento di tale eterogeneità «appare quindi un elemento che il legislatore deve valutare per migliorare la qualità del servizio sanitario offerto ai cittadini e per rendere più favorevole il contesto in cui le farmacie si trovano ad operare». In merito al Ddl Concorrenza, infine, «lo studio sottolinea che l’ingresso del capitale, nel breve periodo, non dovrebbe determinare stravolgimenti nel settore. La stessa concentrazione di farmacie nelle mani di grandi gruppi non dovrebbe arrivare a numeri tali da determinare rischi di oligopolio o di posizioni dominanti, così come l’acquisizione di farmacie indebitate non appare a priori l’intervento più redditizio per una società che voglia entrare sul mercato».

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