Un buco da 4,2 milioni di euro nel 2013 e un grande punto interrogativo che pende sul futuro della società, e quindi dei suoi 60 dipendenti. Per non parlare delle 3600 farmacie che vi hanno fatto affidamento. È la situazione a tinte fosche di Credifarma, finanziaria che opera esclusivamente al servizio dei farmacisti, di proprietà al 66% di Federfarma e per il 17% di Bnl – Gruppo Bnp Paribas e Unicredit. La società, nata nel 1987 con l’obiettivo principale di normalizzare il flusso degli incassi ricevuti dal Servizio sanitario, nel tempo ha ampliato l’offerta di prodotti per i problemi finanziari del farmacista legati al pagamento dei fornitori, l’acquisto o ristrutturazione dei locali, l’acquisto di beni strumentali, i debiti bancari. Un’ancora per molte farmacie. Credifarma, presieduta da Carlo Ghiani, amministratore delegato Claudio Ciampi, figlio dell’ex presidente della Repubblica, si trova però ora al di sotto dei parametri stabiliti dalla Banca d’Italia per le società di intermediazione finanziaria e la numero uno del sindacato Annarosa Racca ha ventilato che potrebbe essere trasformata in una società di servizi. Una prospettiva che non ha mancato di scaldare gli animi. Più d’uno ha tirato in ballo un’altra società, la Farmafactoring, nata più o meno nello stesso periodo e con finalità affini, il cui rafforzamento nel tempo è stato invece tale da arrivare a diventare una banca vera e propria. Farmafactoring è stata costituita nel 1985 da un gruppo di aziende farmaceutiche e produttrici di apparecchiature biomedicali italiane e multinazionali per creare un unico interlocutore nella gestione dei crediti col Servizio sanitario nazionale, un obiettivo analogo, appunto, a quello che ha portato nell’87 alla costituzione di Credifarma. L’azione della società si è consolida a tal punto negli anni che nel 2013 si è trasformata in Banca Farmafactoring e nel 2014 è stata collocata la prima emissione obbligazionaria per un ammontare nominale di 300 milioni di euro. La domanda sorta spontanea è cosa non abbia funzionato per Credifarma, tanto da metterne ora in discussione la mission, creando un clima di incertezza per i dipendenti e le migliaia di farmacie che si sono appoggiate alla finanziaria. Secondo Racca la crisi della società sarebbe da collegare alla riduzione dei ritardi nei pagamenti delle Asl, finalità per cui era stata originariamente costituita Credifarma, e alle difficoltà delle farmacie nel restituire i prestiti da essa ricevuti. Prima ancora c’è però la questione su cosa fare adesso. La presidente del sindacato – quest’ultimo come si diceva detiene la quota di maggioranza – ha annunciato di volersi spendere in prima persona per la questione. Decisione che ha suscitato critiche, in particolare da parte del presidente di Federfarma Lazio, nonché primo presidente di Credifarma, Franco Caprino, che ha indirizzato ad Annarosa Racca una lettera aperta pubblicata su F-mail in cui scrive che è «abbastanza evidente» che lei «non abbia la benché più pallida idea di dove cominciare per venirne a capo». Caprino imputa a Racca di «aver praticamente esautorato» il presidente della società, nonostante «il ruolo decisivo recitato da Ghiani nella tua elezione al soglio presidenziale: devi a lui i consensi che ti sono serviti per salire sul gradino più alto del sindacato». Sembrerebbe quindi aprirsi una nuova spaccatura interna al sindacato, questa volta sul fronte della finanziaria Credifarma, definita da Caprino un «gioiello di famiglia» che ora «sembra essere diventato una patacca, buona solo per essere concupita da chi vorrebbe trasformarla in una specie di gigantesco sportello di categoria buono per piazzare alle farmacie i propri prodotti (ogni riferimento alle due banche socie di minoranza non è ovviamente casuale)».
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