«Faccio riferimento al Ddl annuale per il Mercato e la Concorrenza per evidenziare le preoccupazioni dei titolari di farmacia in merito alle disposizioni riguardanti l’ingresso del capitale nella proprietà delle farmacie». È con queste parole che il nuovo presidente di Federfarma, Marco Cossolo, si è rivolto in una lettera aperta ai deputati delle commissioni Finanze e Attività Produttive, chiamati a vagliare il testo del provvedimento prima dell’approdo in Aula, previsto per l’ultima settimana di giugno. «Si tratta infatti – prosegue il dirigente – di una novità che avrà un impatto estremamente rilevante sull’attività della farmacia, cambiandone l’impostazione di fondo da struttura di proprietà di un professionista, direttamente responsabile dal punto di vista deontologico e gestionale del proprio operato, a struttura di proprietà di un soggetto economico in cui operano esclusivamente farmacisti dipendenti, peraltro in modo subordinato alle direttive commerciali della proprietà». Cossolo ricorda quindi che il Senato, «tenendo conto del rischio che le catene di farmacie di proprietà del capitale possano assumere una posizione dominante e condizionare, quindi, il mercato, ha introdotto un limite del 20% del numero di farmacie che, a livello regionale, possono essere di proprietà di un unico soggetto. Se l’intento è sicuramente apprezzabile, tale limite appare insufficiente ad evitare la costituzione di posizioni dominanti che potrebbero avere effetti negativi sulla possibilità di scelta da parte del cittadino. Infatti, le catene potrebbero favorire la distribuzione di alcuni farmaci, ritenuti più remunerativi, all’interno della propria rete, mentre il cittadino, abituato alla concorrenza professionale tra esercizi gestiti da professionisti diversi, non avrebbe più la possibilità di optare per quello ritenuto più indicato per le proprie necessità».
È per queste ragioni che il presidente del sindacato dei titolari di farmacia chiede di «valutare la possibilità di ridurre il limite del 20%. Un altro elemento di garanzia, poi, potrebbe essere l’inserimento dell’obbligo della presenza di una percentuale di farmacisti all’interno della compagine sociale delle società di capitale, in modo da assicurare, in analogia a quanto previsto per gli avvocati, una presenza di professionisti a garanzia del rispetto della deontologia professionale». Inoltre, secondo Cossolo «va anche considerato che i soci delle società di capitali, non essendo farmacisti, non saranno tenuti al pagamento del contributo soggetto all’Enpaf, ente che quindi vedrà nettamente ridotte le proprie entrate». Il dirigente conclude spiegando che, «qualora per ragioni politiche, o a seguito della necessità di concludere rapidamente l’iter del provvedimento, non sia possibile approfondire tali tematiche in questa fase, ritengo comunque fondamentale che, una volta entrate in vigore le misure in questione, il Parlamento possa e voglia svolgere una funzione di controllo sull’attuazione delle misure previste in materia di titolarità delle farmacie, in modo da verificarne l’impatto sul territorio e prevedere, se necessario, gli opportuni correttivi».
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