Si riaccende la polemica sui servizi di consegna di medicinali e referti da parte delle Poste dopo un caso avvenuto nei giorni scorsi in Veneto e assurto alle cronache nazionali. Una donna ha dovuto fare ricorso ai carabinieri per riuscire a recuperare l’esito di un referto ospedaliero che malauguratamente conteneva la diagnosi di un tumore.
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A causa dell’assenza di organico nell’ufficio postale di Mareno di Piave, in provincia di Treviso, la lettera spedita dai medici e timbrata il 31 dicembre è rimasta inevasa insieme a una gran mole di altri documenti; la donna ha cercato di recuperarla ma gli addetti le hanno opposto un secco rifiuto ed è stata costretta a rivolgersi ai carabinieri per poterla finalmente avere.
Un ritardo dalle conseguenze molto gravi, visto che ha impedito alla donna di cominciare tempestivamente le cure di chemioterapia. La direzione delle Poste ha diffuso una nota scusandosi e dicendosi profondamente rammaricata, ma l’episodio non è destinato a concludersi per l’intenzione sia della vittima che della Regione di fare causa, anche in virtù del fatto che non parrebbe essere un caso isolato.
Sulla vicenda è intervenuta anche Federfarma nazionale: «La notizia è drammatica ma non stupisce», ha commentato la presidente Annarosa Racca, «in passato anche sperimentazioni di consegna di farmaci tramite le Poste hanno ottenuto risultati molto negativi, tanto che sono state interrotte. Ci furono lamentele dai cittadini per i tempi lunghi delle consegne e un giornale pubblicò la foto della confezione di un farmaco abbandonata dal postino sulle scale davanti alla porta».
«La consegna dei referti può essere effettuata più semplicemente ed efficacemente nelle farmacie, come previsto anche dalla normativa sui nuovi servizi», conclude la presidente Racca, «le farmacie sono disponibili, si tratta di 18 mila presidi sanitari territoriali e per il cittadino è più comodo ritirare il referto nella farmacia sotto casa, aperta in orari molto ampi, che aspettare per settimane la consegna postale».
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