«È difficile immaginare la frustrazione e la preoccupazione dei pazienti, delle loro famiglie e del personale medico nei casi in cui alcuni farmaci dai quali sono dipendenti non sono disponibili. Purtroppo, si tratta della realtà che hanno vissuto numerose persone in Europa negli ultimi mesi». Ad affermarlo è la European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (Efpia), secondo la quale «affrontare la questione rappresenta una priorità per l’industria europea, per gli attori della catena di approvvigionamento e per le autorità nazionali competenti». Ciò in quanto «per i pazienti ogni caso di carenza può comportare un’interruzione dei trattamenti. Che a sua volta possono portare ad un peregrinare di farmacia in farmacia, la sostituzione del medicinale da parte del farmacista, il ritorno dal medico per scegliere una diversa terapia e, nei casi peggiori, l’essere costretti a procrastinare le cure».

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Nonostante questo quadro, l’Efpia fa sapere di «non essere sufficientemente attrezzata per sapere quanti pazienti sono (o saranno) colpiti dal fenomeno delle carenze di medicinali in un determinato Paese o in una determinata regione». La federazione ha precisato infatti che «la nostra conoscenza collettiva del problema resta limitata e rischiamo di adottare scelte non riflettute, basate su interpretazioni e non su dati oggettivi». Di qui la scelta di pubblicare un position paper nel quale la stessa Efpia suggerisce di utilizzare i dati relativi al numero di medicinali soggetti a prescrizione medica forniti dai produttori di ciascun Paese, incrociati con il numero di confezioni erogate nelle farmacie territoriali e con il totale di quelle esportate (o importate).

Ciò con l’obiettivo di cercare di comprendere quale sia il livello di scorte rimanenti. «Si tratta di informazioni che dovrebbero essere accessibili da parte di tutte le autorità nazionali e ad un livello particolarmente dettagliato», osserva la federazione, che si è quindi detta «pronta a collaborare» con gli altri attori delle catene di approvvigionamento, al fine di «trovare soluzioni che impediscano le interruzioni dei trattamenti per i pazienti».

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