Carenza, complicazioni burocratiche e un iter disomogeneo per i pazienti. Questo, secondo il farmacista preparatore Marco Ternelli, è lo stato attuale della dispensazione di cannabis medica in Italia, dove la disponibilità di questa sostanza è notevolmente al di sotto del fabbisogno stimato dall’Oms. Nella video-intervista rilasciata a FarmaciaVirtuale.it, Ternelli spiega che «da oltre due anni non c’è disponibilità di cannabis. Ogni farmacia che effettua un ordine deve confrontarsi con tempi di attesa lunghissimi e una fornitura incompleta, parziale e sempre molto ridotta. Ciò significa che, a fronte di un ordine di un chilogrammo, il farmacista può vedersi recapitare solo 200 grammi di materia prima. E per riceverla ci possono volere anche tre mesi, quando ormai la ricetta del paziente è scaduta». Il risultato, commenta Ternelli, è l’abbandono progressivo da parte delle farmacie della preparazione galenica di soluzioni a base di cannabis. Negli ultimi cinque anni, infatti, 20-30 farmacie all’anno hanno smesso di allestire questi preparati.

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«Manca la volontà di attuare soluzioni»

Il problema dell’approvvigionamento della cannabis si riscontra fin dall’inizio del suo uso in Italia a scopo terapeutico. Ternelli spiega che per far fronte alla domanda, nel 2015 la produzione è stata affidata allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Questo però, malgrado l’autorizzazione di produrre fino a 400-500 chilogrammi all’anno, non ha mai superato la capacità di circa 150 chili/anno. «L’attuale fabbisogno italiano è stimato dall’Oms in 3 tonnellate all’anno – ricorda il farmacista -, pertanto alla produzione interna è stata affiancata un’importazione dall’Olanda che raggiunge circa 900 chilogrammi all’anno. Il gap tra la domanda e la disponibilità è quindi ancora molto alto. Per arginare il problema sono stati fatti dei bandi per incrementare le importazioni, ma per quantità davvero minime e altamente insufficienti». A complicare la situazione, aggiunge Ternelli, è il fatto che l’Italia ha un proprio Gmp, uno standard di produzione della cannabis diverso da quello europeo e più stringente, che rende pertanto non importabile cannabis con requisiti non rispondenti alla normativa italiana. «Ampliare le importazioni a paesi con Gmp europeo – osserva il farmacista – sarebbe una possibile soluzione ai problemi di approvvigionamento, oltre alla quale occorre aumentare le quantità di cannabis da reperire attraverso i bandi e autorizzare produttori interni privati, anche se quest’ultima strada richiederebbe tempi molto lunghi. Non vedo però la volontà di attuare a breve una di queste strategie».

Il disagio per le farmacie e i pazienti

Lo scenario descritto non lascia spazio a grande ottimismo, come dimostrano le numerose farmacie che rinunciano ad allestire preparati di cannabis. «Non c’è nulla che la farmacia possa fare per cambiare le cose – afferma Ternelli -. Anche i tentativi di programmazione con i fornitori non sono semplici. Purtroppo non vedo soluzioni all’orizzonte a breve-medio termine. Su una stima di fabbisogno di 3 tonnellate, concretamente negli ultimi anni non più di 100 chilogrammi arrivano dal Farmaceutico militare, 900 chilogrammi dall’Olanda e 100-200 chili al massimo dai bandi. È chiaro che parliamo di una carenza enorme, che non può non scoraggiare tanto i farmacisti quanto i pazienti». Per questi ultimi, poi, proseguono anche le difficoltà amministrative e organizzative regionali. «La gestione della cannabis terapeutica, della sua dispensazione e rimborso da parte del Ssn è totalmente in mano a ogni singola Regione. Ci sono Regioni in cui non viene rimborsata e altre in cui è dispensata solo dall’ospedale, creando grande disagio per i pazienti. Ci sono poi alcuni esempi virtuosi, come Emilia Romagna, Toscana e Lombardia, ma manca comunque un piano nazionale», conclude Ternelli.

Intervista integrale

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