Una nuova figura professionale sta prendendo forma in alcuni paesi europei, «portando con sé una rivoluzione copernicana nei rapporti tra farmacista e sistema sanitario, tra farmacista e paziente». Si tratta del “farmacista di famiglia”, i cui tratti sono stati delineati da Francesco Schito, segretario generale di Assofarm, in un editoriale pubblicato sull’ultimo numero del notiziario della stessa organizzazione. «Questo nuovo concetto che introduciamo nel dibattito italiano – ha spiegato – riconduce direttamente al più ampio tema della cosiddetta presa in carico del paziente: quel complesso di pratiche attraverso le quali il farmacista entra nei processi di de-ospedalizzazione dei malati cronici e partecipa attivamente alla terapia medica. Una sfida, questa, che se da un lato cerca di raggiungere gli obiettivi di contenimento della spesa sanitaria e di assicurare una migliore qualità della vita ai pazienti, dall’altro deve anche garantire alti livelli di aderenza alla terapia ed efficacia della cura».
«Nei giorni scorsi – fa sapere il dirigente – abbiamo finalmente incontrato una controparte istituzionale dichiaratasi disponibile a sperimentare sul proprio territorio le frontiere più avanzate di pharmaceutical care. È questo quanto avvenuto in un incontro tra i vertici nazionali di Assofarm, il nostro delegato toscano Alessio Poli e il direttore generale della Usl Toscana Sud Est Enrico Desideri: il 16 giugno prossimo ci incontreremo di nuovo per definire su quali indicatori lavorare per sperimentare un nuovo sistema di integrazione della farmacia nel lavoro delle Case della Salute. L’obiettivo di questa sperimentazione sarà quello di verificare l’applicabilità nel contesto italiano di modelli già di successo in altri Paesi europei». Schito cita in particolare il caso del Belgio, «perché più di ogni altro emancipa il farmacista dal ruolo di venditore di prodotto-farmaco e sempre più incentra il suo ruolo nel rapporto consulenziale al paziente. Sta così nascendo la figura del Farmacista di Riferimento: ai pazienti affetti da malattie croniche viene assicurato il diritto di scegliere liberamente il professionista che prenderà in carico la loro terapia farmacologica e gestirà, in partnership col medico curante, il loro dossier medico globale».
«Un farmacista di famiglia così immaginato – conclude il dirigente – avrà bisogno di maggiore formazione, di infrastrutture tecnologiche, di spazi e organizzazioni adeguate. Non sarà mai un modello alla portata di tutte le farmacie italiane. Riteniamo che quelle farmacie che intendono seguire una strada più commerciale siano libere di farlo; non per questo saranno meno farmacie di altre. Ma non si può ostacolare un modello di sviluppo e di efficientamento dei rapporti SSN-farmacie per il solo fatto di rimanere incagliati in visioni unitarie e monolitiche del modo di essere farmacie».
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