foglietti illustrativiI foglietti illustrativi dei medicinali in inglese e in italiano? Sono vaghi, indeterminati e incerti. A spiegarlo è uno studio pubblicato da Anna Vita Bianco, dell’università degli studi di Bari, che ha analizzato le parole contenute in otto foglietti relativi a quattro medicinali in vendita nel Regno Unito (Boots Aspirin, Imodium, Lemsip, Vicks Sinex) e ed altrettanti dispensati nel nostro Paese (Aspirina, Imodium, Tachifludec, Vicks Sinex). «Qual è, per esempio, il confine tra bad, severe, e serious? E cosa s’intende per assunzione cronica di dosi eccessive oppure di sovradosaggio acuto?», si domanda la ricercatrice. E ancora: «Quando esattamente si può affermare che un effetto collaterale comincia a “diventare serio” (“become serious”) o è “meno serio” (“less serious”)? Se “meno serio” indica che è sempre “serio” ma “meno” rispetto ad altri, un effetto che “diventa serio” è più serio di uno “meno serio” o meno? Il gioco di parole non è voluto ma emerge inevitabilmente, nel tentativo di disambiguarle, dall’accostamento delle espressioni sopra citate». Lo studio mette così in luce l’esistenza di una serie di espressioni giudicate «vaghe: alcune appartengono alla lingua comune, come grave, eccessivo, breve, per l’italiano, e large, too much, too many, per l’inglese; altre, invece, non sono utilizzate nella vita di tutti giorni, come ridurre, prolungato, forte (“forti quantità”), e come i “tecnicismi collaterali”, come severo ed elevato. Vi sono, altresì, aggettivi che non vengono usati nella lingua comune ma che nei foglietti illustrativi vengono impiegati per veicolare concetti differenti. Ad esempio, acuto viene usato da due diverse case farmaceutiche con il significato di “alto” (“sovradosaggio acuto”) e “a ciclo breve ma intenso” (“Imodium si usa per il trattamento sintomatico delle diarree acute”), ma abbiamo anche visto che una stessa casa produttrice utilizza grave, per di più nello stesso paragrafo, con due accezioni diverse (“grave ipoglicemia” e “sovradosaggio moderato/grave”, Aspirina®), l’ultima delle quali (quello nella categoria della quantità) inesistente per lo meno nel dizionario della lingua italiana». L’autrice ritiene perciò che, al fine di evitare fraintendimenti, possa essere utile «evitare di lasciare le espressioni vaghe spoglie da indicatori verbali e/o numerici. Per esempio, quando i documenti esaminati parlano di dosaggio eccessivo, potrebbero specificare se si tratta di due o più volte la dose consentita e se tale dose è intesa al giorno o per più giorni». Inoltre, «un passo successivo potrebbe essere quello di uniformare gli indicatori verbali della gravità e gli indicatori verbali e numerici della probabilità in uso dagli specialisti del settore». O ancora, «presentare un elenco ordinato di indicatori verbali della probabilità che è risultato essere efficace nella valutazione dei rischi». In conclusione, secondo Anna Vita Bianco, «è necessario che le informazioni complesse e vaghe siano adeguatamente riformulate e rese comprensibili, quando possibile, cioè “tradotte interlinguisticamente per le persone che non hanno un adeguato bagaglio scientifico”, che sono poi la maggior parte dei destinatari».

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