All’inizio del mese di aprile, Federfarma ha pubblicato il consueto opuscolo con i dati riepilogativi della spesa farmaceutica convenzionata riferita al 2018. Secondo l’associazione di categoria «la spesa farmaceutica netta Ssn nel 2018 ha fatto registrare rispetto al 2017 un calo del -4,1%, dovuto in parte alla diminuzione del numero delle ricette Ssn (-0,7% rispetto al 2017), ma soprattutto alla riduzione del valore medio della ricetta (netto -3,4%; lordo -2,7%) e quindi del prezzo medio dei farmaci prescritti in regime convenzionale (-2,7%)» Carlo Ranaudo, docente presso l’università di Salerno spiega che «fondamentalmente i numeri presentati sono abbastanza in linea con quelli dei monitoraggi dell’Aifa. Ma, al di là di questo, che è semplice da leggere, ci sono alcuni parametri da considerare. È evidente che comparto degli integratori è quello che tira di più in questo momento, e la marginalità che ha la farmacia in questo campo è di certo più interessante di quella del farmaco».

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Più in generale, secondo il professore, «troppo spesso per il farmacista l’indicatore per valutare la propria impresa è il numero di ricette. Ma si tratta di qualcosa che è ampiamente superato dal contesto economico. Oggi è, se non altro, il valore della ricetta stessa, che è crollato per aspetti strutturali. E perché questo valore della ricetta scende? In parte per via dei generici, ma soprattutto perché non c’è più innovazione in farmacia. I farmaci innovativi, per malattie rare, oncologiche o auto-immuni, sono usciti dal 2008. Si è deciso in altre parole che tutta l’innovazione per la quale si concedono prezzi accettabili e mutualità dovesse essere dispensato in ospedale. Qualcosa passa per la distribuzione per conto, ma oggi il valore del farmaco innovativo, che un tempo forniva spinta economica alla farmacia, non c’è più».

Secondo Ranaudo si tratta di problemi strutturali, dunque. Ma c’è un altro aspetto da considerare: «Quello della crisi economica del Servizio sanitario nazionale. La farmacia sta contribuendo in modo enorme alla sua sostenibilità. Basti pensare che, dato di novembre dell’Aifa, la farmacia territoriale assorbe non il 7,96% del Fondo sanitario, che è stato stanziato, ma soltanto il 7,28%. In pratica, ciò significa che le farmacie retail spendono meno di quanto programmato. Il che si traduce in un risparmio di oltre 250 milioni: è enorme. Dunque chi è che sta sforando? Sempre secondo i dati Aifa, la quota del Fondo stanziata per la vendita ospedaliera doveva essere del 6,89% del Fondo. E invece è arrivata all‘8,92%, con un deficit di 2 miliardi di euro». Il docente sottolinea che «con ciò non si vuole affermare che le farmacie ospedaliere non siano efficienti. Semplicemente i dati indicano che il sistema, così com’è, non funziona. Perché il Fondo, nel suo complesso, non è sufficiente. Se si vogliono avere nuovi farmaci oncologici, o per malattie rare, ci vogliono soldi. Invece si sta di fatto raschiando il barile sulla territoriale».

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