Nel documento “Best practice paper on green and sustainable pharmacy in Europe”, il Pharmaceutical group of European Union (Pgeu) esamina le azioni che la filiera farmaceutica può intraprendere per ridurre l’impatto ambientale derivante dalle varie fasi del ciclo di vita dei medicinali, dalla produzione fino allo smaltimento. Dall’analisi proposta emerge il ruolo che il farmacista di comunità può rivestire in questo processo: il Pgeu sottolinea l’elevato livello di consapevolezza e la crescente sensibilità degli operatori farmaceutici riguardo i possibili effetti negativi di una gestione scorretta del farmaco sulla salute dei cittadini e dell’ambiente. Un tema portato all’attenzione della Commissione Europea, che l’11 marzo 2019 ha pubblicato la “Communication on a European Union strategic approach to pharmaceuticals in the environment”.

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Il farmacista territoriale è l’informatore più vicino al cittadino

Il rapporto diretto del farmacista con la cittadinanza fa di questo professionista una delle figure chiave più importanti per informare il pubblico sulla gestione e sullo smaltimento dei farmaci, come ribadisce il Pgeu nel paper in cui specifica che «in qualità di esperti di medicinali, i farmacisti di comunità si trovano nella posizione favorevole per aumentare la consapevolezza del pubblico, promuovere l’uso prudente e il corretto smaltimento dei prodotti farmaceutici, fornendo consigli sulla disponibilità di medicinali “più green”, laddove tali informazioni sono disponibili».

Chi finanzia il sistema di smaltimento?

Se è vero che la farmacia di comunità è l’intermediario più efficace per informare i cittadini sulla corretta gestione dei farmaci scaduti, il suo ruolo in molti paesi, compresa l’Italia, include anche la raccolta fisica delle confezioni di medicinali da smaltire, un’attività che dà ottimi risultati, ma che genera ovviamente dei costi. Per questo, il Pegu, auspica un adeguato finanziamento da parte degli Stati. «Dal momento che le farmacie comunitarie sono facilmente accessibili e frequentemente visitate dal pubblico – spiega il Pgeu – gli Stati membri dovrebbe garantire che, laddove allestiti, i sistemi di smaltimento e raccolta dei farmaci siano adeguatamente finanziati. Oggi, ancora in troppi paesi dell’UE viene richiesto alle farmacie di autofinanziate quest’attività, il che porta a una diffusione insufficiente e a un approccio, dal nostro punto di vista, errato, tenendo conto dei risultati positivi osservati nei paesi dove le farmacie sono sovvenzionate per ricoprire questo ruolo».

Le best practices italiane e Assinde

Il documento del Pgeu esamina poi la situazione della tutela ambientale legata alla filiera del farmaco in varie nazioni europee, citando come modello di best practice italiana Assinde, società costituita nel 1980 da Farmindustria, Federfarma, Assofarm, Adf e Federfarma Servizi, per gestire operativamente l’accordo per l’indennizzo e lo smaltimento dei resi medicinali etici. «Lo scopo dell’iniziativa – evidenzia il Pgeu – è duplice: da un lato consente una gestione ottimale dello stock della farmacia, in quanto la maggior parte dei medicinali scaduti viene parzialmente rimborsata; dall’altro produce un effetto positivo sull’ambiente, perché tutti i medicinali scaduti, inclusi quelli veterinari, vengono raccolti, trasportati e smaltiti secondo tutti i requisiti di legge». Il Pgeu fa poi presente che quasi tutti i comuni italiani si avvalgono di sistemi di raccolta dei farmaci attraverso contenitori comunali posti all’interno o all’esterno della farmacia.

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