farmaciaI dati degli studi di settore sulle farmacie, relativi al periodo d’imposta 2016, tracciano l’immagine di un comparto che appare economicamente stabile. I ricavi medi sono infatti risultati sugli stessi livelli dell’anno precedente, attorno ad 1,2 milioni di euro. FarmaciaVirtuale.it ha ascoltato l’opinione in merito di Carlo Ranaudo, docente presso la facoltà di Farmacia dell’università Federico II di Napoli.

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A giudicare dai dati le farmacie sembrerebbero tutto sommato in buona salute. È così?
I dati dell’Agenzia delle Entrate indicano innanzitutto che il farmacista è una risorsa e che è particolarmente fedele al fisco. I numeri indicano infatti che si riesce ad essere “compatibili” con le stesse logiche utilizzate dal fisco. Visto che le farmacie contribuiscono in modo così importante all’economia del Paese, mi permetta di dire che forse meriterebbero un’attenzione diversa, anziché essere denigrate, come a volte capita. In secondo luogo, è vero che i dati indicano una sostanziale stabilità del settore, di certo non una crisi nera.

Eppure si parla spesso di situazione critica per numerose farmacie…
Bisogna vedere di quali farmacie parliamo. Io dico che molte di quelle in difficoltà sono gestite male. Poi è chiaro che esiste anche la realtà rurale, magari in una zona remota: ma qui la questione è diversa. Il farmacista in questi contesti fornisce un servizio necessario, rappresenta un presidio per la sanità e per questo deve essere sostenuto dalle istituzioni.

Perché allora il quadro è spesso tracciato a tinte fosche?
Prenda la legge sulla Concorrenza. Io penso che molti non credessero che alla fine sarebbe stata approvata: credo ci sia stata una sottovalutazione, anche da parte della nostra dirigenza. E così, ci si ritrova a dire che la farmacia è in difficoltà, a mio avviso più per paura, in generale, del cambiamento che del problema specifico, ovvero dell’ingresso delle società di capitale. In realtà, trovo che il problema principale sia che in crisi è il vecchio modello della farmacia, quello ricetta-dipendente. Occorre far sì che il paziente che arriva venga instradato in un percorso sanitario, consigliato, sostenuto.

Il rischio non è che le catene possano operare una concorrenza spietata?
Con le catene ci potrà essere una guerra di prezzi, è innegabile. Ma lei pensa che un paziente che ha la sua farmacia di fiducia, nella quale sa che può ricevere i consigli di cui ha bisogno, deciderà di andare a comprare altrove per risparmiare un euro? La verità è che c’è stata una carenza di informazione sulla questione, e ora c’è una carenza di preparazione di fronte ad uno scenario nuovo.

La “rete delle reti” proposta da Federfarma la trova utile?
Dipende. Se si tratta di un sistema visto solo come strumento per abbassare i costi di acquisto, secondo me servirà a poco. Se invece rappresenterà un supporto complessivo alle farmacie, nell’analisi gestionale, nella consulenza, nella strutturazione della farmacia dei servizi, allora potrà avere la sua utilità. Pensiamo alla formazione: per le grandi realtà è una delle basi del business, per i piccoli farmacisti invece troppo spesso è stata vista solo come un costo. La rete delle reti dovrebbe fornire un supporto per consentire soprattutto alle piccole farmacie di formare il proprio personale, e poter così rispondere alla sfida dell’ingresso del capitale.

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