agroalimentari-farmaciaLe nuove disposizioni in materia di contratti agro-alimentari, contenute nell’art. 62 del D.L. “Salva Italia” (D.L. 1/2012 convertito in legge 27/2012), hanno innescato un’autentica “guerra tra Ministeri”.
Le farmacie sono interessate – almeno formalmente (la precisazione sarà chiara in seguito) – da queste disposizioni considerato che anche gli integratori alimentari e ancor più gli alimenti particolari, quali quelli per celiaci, per diabetici ecc., rientrano nella nozione di prodotto alimentare la cui fornitura soggiace alle nuove regole anche se, come ben sappiamo, tali prodotti sono più da annoverare alla filiera del farmaco che a quella agroalimentare in senso stretto.
Come abbiamo già avuto modo di osservare (v. Sediva News del 22/11/2012), il nuovo regime – che si applica dal 24/10/2012 – prevede più rigorose condizioni di pagamento, peraltro inderogabili, imponendo rispettivamente il termine legale di 30 giorni ovvero di 60 – decorrente dalla consegna o dal ricevimento delle relative fatture – per i prodotti deteriorabili (tra cui rientrano, tanto per intenderci, tutti i latti) e quelli non deteriorabili.
Ma torniamo alla “guerra” di cui sopra.
Qualche giorno fa il Ministero dello Sviluppo Economico, sollecitato da Confindustria, ha reso un parere secondo il quale il “famigerato” art. 62 deve considerarsi tacitamente abrogato dall’entrata in vigore del D.Lgs. 9/11/2012 n. 192, emanato in attuazione della direttiva 2011/7/UE in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Secondo il ministero, le nuove norme comunitarie – fedelmente recepite nel nostro ordinamento – hanno spazzato via le norme nazionali in materia di cessioni di prodotti agroalimentari poiché avrebbero provveduto a ri-regolamentare ex novo tutta la materia delle transazioni commerciali.
In particolare, la sopravvenuta “incompatibilità” rileverebbe sotto un duplice profilo: quello della successione delle leggi nel tempo – la legge posteriore abroga la precedente – e quello della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale.
Cioè, sempre secondo questo ministero, per tutti i contratti dal 1° gennaio 2013 – data di entrata in vigore del D.Lgs. 192/2012 (ma cosa accadrebbe per il periodo 24/10/2012-31/12/2012, in cui dovrebbero rimanere valide le regole dell’art. 62? di questo non si parla) – si applicano le norme comunitarie per le quali il termine di pagamento viene fissato di regola in 30 giorni sia nei rapporti tra imprese che in quelli tra pubbliche amministrazioni e imprese, ma, mentre – ed è qui la differenza sostanziale tra i due regimi – il termine di pagamento tra privati e pubblica amministrazione non può comunque essere superiore a 60 giorni (nemmeno nei casi specifici considerati come possibile deroga alla regola generale), il termine di pagamento tra imprese può invece essere facoltativamente derogato tra le parti, che possono infatti portarlo a 60 giorni o anche superare i 60 giorni, se ciò è pattuito espressamente e non è gravemente iniquo per il creditore.
Insomma, se fosse valida questa tesi cesserebbe, per tornare alle nostre farmacie, la fastidiosa situazione che l’art. 62 è venuta a creare nei rapporti tra queste ultime e i loro fornitori, i quali dal 24 ottobre 2012 stanno provvedendo a fatturare separatamente le forniture di prodotti alimentari per il diverso termine di pagamento imposto dall’art. 62 per le cessioni di prodotti agroalimentari (tra i quali, lo ripetiamo, figurano anche gli integratori alimentari).
Tuttavia, le conclusioni raggiunte dal Ministero dello Sviluppo Economico non sono condivise da quello delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, il cui ufficio legislativo, in una nota del 03 aprile u.s. ribatte “colpo su colpo” alle conclusioni raggiunte dallo Sviluppo Economico, sostenendo in sintesi che la “specialità” dell’art. 62, che riguarda per l’appunto le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, rispetto alle norme comunitarie, che riguardano tutte indistintamente le transazioni commerciali, lo pone al riparo da ogni dubbio di abrogazione tacita, concludendo per la piena efficacia e validità delle disposizioni dell’art. 62 (ivi compreso il cospicuo impianto sanzionatorio a quelle collegato).
Non è certo questa la sede per condurre un’analisi giuridica delle posizioni dei due ministeri; in ogni caso i pareri sono pubblicati sui rispettivi siti ufficiali e sono stati portati a conoscenza dei loro aderenti dalle associazioni di categoria delle farmacie e pertanto ognuno, consultandoli, può farsi la propria opinione.
Quello che è sicuro è che gli operatori economici interessati da queste disposizioni sono piombati (neanche a dirlo…) nell’incertezza e attendono di sapere quale delle tue tesi prevarrà.
E però è doveroso fare anche un’ulteriore considerazione, e qui veniamo alla precisazione fatta all’inizio.
Il recentissimo regolamento dell’Antitrust (Delibera 06/02/2013), che disciplina il procedimento sanzionatorio, afferma espressamente che lo stesso è circoscritto alle “relazioni economiche tra gli operatori della filiera connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale” (art. 2); tale impostazione consentirebbe di ritenere, conformemente del resto all’orientamento di Federfarma, che le farmacie – le quali, trattando quasi esclusivamente con i grandi distributori intermedi o direttamente con le aziende produttrici, sono esse a patire nei rapporti con i propri fornitori la posizione di significativo squilibrio tutelata dalla norma – non avranno in concreto granché da temere.
Per la serenità degli operatori sarebbe evidentemente necessario che tutti questi dubbi interpretativi fossero al più presto sciolti, come avverrebbe in un colpo solo se fosse accolta la richiesta, inoltrata 3 gg. fa a Mario Monti dal Presidente di R.E.TE. Imprese Italia (che comprende Confcommercio, Confartigianato, Casartigiani, CNA e Confesercenti), di rendersi parte diligente per l’abrogazione dell’art. 62.

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(Studio Associato)

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