La Suprema Corte con la sentenza 23 settembre 2013 n. 39187 , richiamando ampia giurisprudenza , ribadisce il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 443 c.p, che si ricorda punisce con la detenzione da sei mesi a tre anni chi detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti, per medicinale deve intendersi qualsiasi sostanza o composizione dotata di proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, destinata ad essere somministrata all’uomo per effettuare una diagnosi medica oppure per ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’individuo.
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Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 443 c.p., per medicinale deve intendersi qualsiasi sostanza o composizione dotata di proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, destinata ad essere somministrata all’uomo per effettuare una diagnosi medica oppure per ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’individuo. Nella specie risultava che il medicinale, allestito dal farmacista la forma di preparato galenico magistrale, pur non potendo configurarsi come tale per l’evidente inapplicabilità alla fattispecie concreta della cosiddetta eccezione galenica, derivava dallo sconfezionamento di specialità medicinali, che venivano sminuzzate in mortaio e mescolate con additivi; la miscela così ottenuta veniva poi inserita in capsule sprovviste di pellicole protettive, nelle quali non risultava garantita una costante percentuale di principio attivo e di eccipienti. Tali metodiche, sia con riferimento alla capsule derivanti dal suddetto sconfezionamento di medicinali a base di Finasteride, sia con riguardo a quelle altre confezionate utilizzando il principio attivo acquistato da una ditta, sono state considerate idonee ad integrare l’elemento materiale del delitto di cui all’art. 443 cod. pen..
Il reato di cui all’art. 443 c.p. è un reato di pericolo presunto, nell’ambito del quale non è necessario accertare in concreto la pericolosità del farmaco per la pubblica incolumità, essendo ritenuta sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delittuosa, la condotta di porre in commercio o somministrare un farmaco imperfetto, la cui composizione non corrisponda a quella dichiarata ed autorizzata.
La preparazione galenica magistrale, afferma la sentenza, per essere tale deve avvenire estemporaneamente, per unità e con ricetta medica, elementi che il ricorrente assume essere tutti presenti nelle preparazioni da lui stesso allestite. La Suprema Corte ha fatto proprie le le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di prime cure, il quale aveva individuato i limiti giuridici entro i quali può configurarsi la suddetta eccezione galenica e quindi giustificarsi, in ragione della preminente tutela costituzionale del diritto alla salute, una limitazione alle esclusive prerogative, pure riconosciute dall’ordinamento, ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale e industriale. Si tratta, appunto, di situazioni eccezionali nelle quali i farmaci esistenti sul mercato non sono in grado di curare un certo paziente, essendo necessario allestire un dosaggio diverso rispetto a quello contenuto nelle specialità medicinali offerte dal mercato. Principio già chiarito in passato : scopo dell’eccezione galenica è, appunto, quello di consentire al farmacista di preparare e vendere al paziente un medicinale con diverso dosaggio o con diverso eccipiente rispetto a quello del medicinale posto in vendita dal titolare del brevetto e ciò solo nei casi in cui il paziente necessiti di tale diverso dosaggio o sia allergico all’eccipiente utilizzato per il medicinale commercializzato dal titolare del brevetto (sez. 3 n. 2241 del 6/11/2008, Rv. 242012).
Avv. Paola Ferrari
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