parafarmacie-scontro«Occorre rivedere il sistema di accesso alla professione di farmacista», poiché «la falsa illusione di liberalizzazione generata dal decreto Bersani del 2006, che portò centinaia di farmacisti ad aprire una parafarmacia, ha portato gli stessi, se non alla chiusura, ad una sopravvivenza difficile e incerta». A spiegarlo è stato Daniele Viti, presidente dell’Unione nazionale dei titolari di sola parfarmacia (UNaFTiSP). Che in particolare ha immaginato cinque cambiamenti: «Il superamento definitivo del sistema dei concorsi, l’accesso alla titolarità per i farmacisti non titolari di farmacia che hanno conseguito titoli di tipo professionale e gestionale comprendendo anche i titolari di sola parafarmacia, il superamento della pianta organica con l’istituzione del numero minimo di farmacie per territorio ed introduzione di criteri di libera apertura di nuove farmacie basati sulla distanza in rapporto modulabile sulla base della densità di popolazione, la tutela economica delle farmacie rurali con basso fatturato attraverso la possibilità di aprire una proiezione della sede, l’abolizione della legge sulla Concorrenza relativamente al possesso di farmacia da parte delle società di capitale».

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A tali proposte ha replicato Matteo Branca, presidente della Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane, secondo il quale «a nome di tutti i colleghi di buon senso e in buona fede non possiamo che seppellire con un’amara risata la recente proposta di qualcuno, di una specie di marcia forzata in tappe precise verso la rovina di molti per il vantaggio di pochi». Le idee dell’UNaFTiSP, infatti, secondo il dirigente della FNPI «porterebbero a sterilizzare la categoria delle parafarmacie italiane, eliminare ogni pur flebile concorrenza etica e demonizzare ogni afflato di libertà professionale. Superare i concorsi significa voler cancellare forse l’ultima cosa davvero meritocratica rimasta nel settore». Al contrario, «esistono soluzioni che non prevedono scelte scellerate, né nuove sedi chissà dove, né criteri soffocanti e liberticidi, né complicazioni in cui insinuare trappole, ma prevedono semplicemente la libertà professionale non convenzionata, eventualmente con un sensato limite di distanza solo sulle nuove aperture e una ragionevole tutela delle rurali sussidiate».

Negativo anche il giudizio di MNLF e CULPI, secondo i quali si tratta di «proposte autoreferenziali e mal concepite. Autoreferenziali perché naturalmente così sono tutte le proposte che debbono salvaguardare qualcuno a scapito della maggioranza. Quando si parla di numero minimo ci si dimentica che questa fu una proposta dell’Antitrust e della Commissione europea che però la declinava come “numero minimo e non massimo” definendo così un sistema che prevedeva un numero minimo di farmacie sul territorio atto a soddisfare il servizio ma non un numero massimo, ergo senza limiti sia numerici che di stabilimento». Le due sigle hanno quindi ribadito «che l’unica proposta seria, valida e universale atta a superare l’attuale sistema iniquo presente nella categoria è quello dell’istituzione della farmacia non convenzionata e quindi del libero accesso alla professione».

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