«La disturbo per raccontarle una piccola storia, la mia, una storia che proprio proprio non riesco ad accettare, ma forse perché non la capisco, e lei mi potrà aiutare». Comincia con queste parole una lettera aperta scritta al ministro della Salute Giulia Grillo da parte di un uomo che racconta: «Ho sposato una farmacista, o meglio una laureanda in CTF. L’ho sposata 17 anni fa. Ho vissuto con lei gli ultimi due anni di laurea, da fidanzati, in quel periodo in cui le incombenze di casa, figli, e lavoro non si sono ancora presi gran parte della tua vita. Eppure la mia fidanzata quegli anni li ha passati sui libri, col caffè fatto con altro caffè al posto dell’acqua, in una casa dove condivideva una camera in affitto con altre tre studentesse nei pressi di piazzale Loreto a Milano. Insomma una come tante, non che io le voglia attribuire chissà quale privilegio. La mia fidanzata si è laureata, ha trovato lavoro in un’azienda e, seguendo il copione della vita, ci siamo sposati e abbiamo comperato casa, con un bel mutuo di quelli che da una parte ti rendono orgoglioso dall’altra ti fanno preoccupare».

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Seguono per la donna altri corsi e master, superati «a pieni voti. Così nel 2007 decidemmo di aprire una bella parafarmacia, investendo molti soldi, senza fare debiti, con l’aiuto dei genitori e con quello che avevamo messo da parte. Siamo partiti anche noi, sull’onda della legge Bersani, pieni di entusiasmo. Mia moglie ha lasciato il lavoro ed è diventata il piccolo imprenditore che è oggi. Bersani. Ricordo ancora come urlava alla liberalizzazione, all’uguaglianza, spronando i cervelli a mettersi in gioco, a non fuggire, a investire su se stessi nel proprio Paese. Poi signora ministra, il nulla. Le caste restano caste, i farmacisti restano farmacisti e mia moglie diventa una para-farmacista». La lettera ricorda quindi che tra i farmacisti titolari di parafarmacia e di farmacia non ci sono differenze: «Stessi studi, stessi percorsi, stesso fiele sputato su libri di testo, esami e notti insonni». Quindi le domande rivolte al membro del governo Conte: «Perché i clienti di mia moglie devono ingurgitare due tachipirine da 500 mg, e non trovano quella da 1000 mg?». Il testo sottolinea quindi che «su Amazon si trova di tutto in modo incontrollato, e il dott. Google consiglia», mentre «bastano una app e un selfie per sostituire un dermatologo. Perché tutto questo è permesso e un farmacista formato e competente deve fare il para-farmacista? Perché i grossisti servono in modo differente le parafarmacie, e in termini di fornitura e in termini economici? Ecco, sono queste le cose che da informatico non capisco, non capisco perché la politica non trovi una soluzione ad un guaio che ha combinato, non capisco perché dopo 12 anni ancora si parli di indagini conoscitive. La prego ministra, mi spieghi lei quello che io non riesco a capire, me lo spieghi in fretta, prima di ritrovarmi anche io a chiudere per l’ultima volta la saracinesca del negozio e a dover abbracciare mia moglie per asciugarle le lacrime».

In precedenza, come riferito dal nostro giornale, anche una farmacista molisana di 42 anni aveva scritto una lettera al ministro della Salute, ripercorrendo, il proprio percorso di studi, la ricerca di lavoro e le difficoltà legate alla sua parafarmacia. Grillo aveva risposto attraverso un video, nel quale aveva assicurato: «Su questo tema, come su altri, stiamo lavorando. Si tratta di una questione ampia, sulla quale occorre fare una riforma complessiva del sistema. Avvieremo un confronto con tutte le parti interessate, per cercare di arrivare ad una situazione condivisa».

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