Alla fine del mese di gennaio del 2018, il Tg5 aveva trasmesso un servizio nel quale veniva lanciato un allarme legato ad una possibile diminuzione del numero di medici di base operanti sul territorio nazionale. Secondo la testata giornalistica, infatti, entro il 2023 potrebbero essere ben 16.000 i camici bianchi a mancare: un fenomeno attribuito in particolare ai pensionamenti, al numero chiuso nelle università e all’invecchiamento progressivo dei professionisti.
FarmaciaVirtuale.it ha chiesto a Silvia Pagliacci, presidente del Sunifar, se una stessa dinamica sia o meno ipotizzabile anche per quanto riguarda i farmacisti. «Secondo i dati Almalaurea – ha risposto la dirigente – il numero dei laureati in farmacia e farmacia industriale, negli ultimi anni, è in costante crescita: dai quasi 4.000 del 2011 si passa agli oltre 4.700 del 2013, per arrivare ai quasi 5.400 del 2015, con una prevalenza della componente femminile. Non vedo quindi un rischio analogo a quello preannunciato per i medici di famiglia. In Italia oggi lavorano in farmacia 57.000 farmacisti che rappresentano il 68% del totale dei laureati in questa materia. Un altro 12% lavora nel settore sanitario, il 9% è occupato nell’industria e l’8% in altri settori, quali ricerca e consulenza.
La laurea in farmacia ancor oggi è tra quelle che permette maggiori sbocchi occupazionali. Infatti a un anno dalla laurea trova lavoro il 54% dei laureati in farmacia contro il 30% dei laureati in altre discipline. E a cinque anni lavora l’83% contro il 59 di altri settori». Pagliacci sottolinea tuttavia anche le ombre: «Gli Ordini professionali ci riferiscono di un aumento di colleghi in cerca di lavoro. Purtroppo, in alcuni casi, anche di colleghi meno giovani che hanno risentito della crisi economica sebbene, in linea di massima, la farmacia sia riuscita quasi sempre, malgrado le difficoltà, a mantenere stabile il numero degli occupati. Se molti anni fa nel settore c’era la piena occupazione, oggi registriamo molte richieste di lavoro sui canali (tradizionali e online) che hanno attivato appositi spazi». La dirigente illustra infine il proprio punto di vista in merito alla possibilità di introdurre un numero chiuso per le facoltà di Farmacia: «Proprio in virtù di quanto appena detto, ritengo che sia da valutare con grande attenzione l’opportunità di inserire un numero programmato negli accessi ai corsi di laurea. Un discorso che non vale solo per la facoltà di farmacia, ma per molti altri percorsi professionali. Formare professionisti che poi non trovano giusta collocazione nel mercato del lavoro rappresenta infatti un costo per le famiglie e per la collettività. Per i ragazzi è altresì frustrante non poter esprimere le proprie competenze professionali dopo tanti anni di studio e di sacrificio. Di contro, il mondo imprenditoriale talora cerca specifiche competenze, senza trovarle».
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