licenziamento-farmacia-lettera-lavoratore-imgUno dei miei due collaboratori, con cui il rapporto deve essere interrotto per ragioni piuttosto serie, mi ha fatto sapere che rifiuterà di ricevere la lettera di licenziamento farmacia.
La cosa mi preoccupa perché sono certo che non sarà facile per me inviargli una raccomandata essendo tuttora incerto il suo domicilio.

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Abbiamo già affrontato questo argomento, ma sul piano generale nessuno può essere tenuto a “ricevere” qualsiasi comunicazione in forma scritta gli pervenga, e neppure a “subire” la consegna da parte di chicchessia di una qualunque nota o missiva (indipendentemente che essa lo riguardi o meno personalmente), dato che in tal senso non c’è in linea di massima nessun obbligo od onere.
Ove si tratti però di un atto notificato o di una comunicazione inviata, ad esempio, mediante raccomandata a/r o r/r, il rifiuto può comportare conseguenze anche rilevanti, che almeno in questo caso non è tuttavia necessario approfondire.
Infatti, nella specifica vicenda del quesito la risposta è fornita dalla stessa Suprema Corte la quale ha precisato in più circostanze che il rifiuto del lavoratore di ricevere – all’interno del luogo di lavoro e ancor più nell’ambito dell’orario giornaliero – l’atto di licenziamento dell’azienda comporta che la comunicazione debba ritenersi regolarmente pervenuta al suo destinatario, perché ritualmente giunta a quello che al momento era l’indirizzo, o uno degli indirizzi, di quest’ultimo. Inoltre, il lavoratore è obbligato a ricevere l’atto anche perché, da un lato, ancora sottoposto al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro e, dall’altro, ancora tenuto al rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede che caratterizzano il rapporto di lavoro.

Giorgio Bacigalupo

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