Vi ricordate le liberalizzazioni? Il governo Monti le aveva annunciate in pompa magna ma poi si erano perdute per strada. Una di quelle che aveva suscitato più polemiche riguardava le farmacie, in quanto si concedeva la possibilità di aprire qualche migliaio di punti vendita aggiuntivi ed era stata approvata la commercializzazione anche da parte della grande distribuzione di 230 farmaci da banco in più. Peccato che il volume d’affari generato da questi farmaci sia così basso che il Sole 24 Ore aveva calcolato in ben 5 centesimi l’anno il risparmio medio che ogni italiano avrebbe ottenuto grazie alla sedicente liberalizzazione.
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Insomma, una delle tante mancate promesse cui il povero consumatore italiano é andato incontro, nonostante i proclami contrari. La situazione non è cambiata nel frattempo, ma recentemente la Corte di Cassazione ha acceso un barlume di speranza.
Infatti, l’Ordine dei farmacisti della provincia di Caserta nel settembre del 2009 aveva inflitto ad una sua iscritta una sanzione disciplinare di sospensione dal servizio per ben 30 giorni. La malcapitata era incorsa nella grave scorrettezza di aver violato gli orari di servizio e i turni di riposo.
Attenzione però: la punizione dell’Ordine non sanzionava la mancata apertura o un qualche genere di disservizio recato ai consumatori. Anzi, la farmacista aveva tenuto aperti i suoi locali il sabato, quando avrebbe dovuto riposare, ed aveva avuto pure la sfrontatezza di pubblicizzare gli orari di apertura.
L’obbligo della chiusura derivava da un accordo preso tra i farmacisti della città di Aversa e confermato da un provvedimento amministrativo della Asl e il non averlo rispettato integrava, secondo l’Ordine, una ipotesi di concorrenza sleale. Peggio ancora, il pubblicizzare l’apertura di sabato deviava da quanto prescrive il codice deontologico dei farmacisti e cioè che ‘la pubblicità della professione e l’informazione sanitaria sono consentite nel rispetto dei principi di correttezza, veridicità e non ingannevolezza’.
I giudici, però, hanno fatto notare che il famoso decreto liberalizzazioni del 24 marzo 2012 almeno una norma buona la conteneva, vale a dire l’articolo 11 secondo il quale ‘i turni e gli orari di farmacia stabiliti dalle autorità competenti non impediscono l’apertura della farmacia in orari diversi da quelli obbligatori’.
Orbene, ha argomentato il Supremo Collegio, avvalersi di una facoltà riconosciuta da una norma di legge non può costituire comportamento illegittimo per un appartenente ad un ordine professionale ancorché egli disattenda le prescrizioni di un’intesa raggiunta fra tutti gli altri professionisti che limita l’esercizio di un diritto legittimamente spettante all’imprenditore.
Tale intesa tra farmacisti non é meritevole di protezione da parte dell’ordinamento, insomma, perché contraddice le esigenze di effettiva realizzazione dell’assetto concorrenziale del mercato. Se l’attività non é illegittima, dunque, a maggior ragione non lo é l’attività di pubblicizzazione della stessa e perciò la Corte ha dato luce verde alle aperture della farmacista di Aversa e dichiarato la sostanziale inefficacia di qualsiasi patto tra concorrenti che restringa la loro libertà di azione (che in diritto antitrust si chiamerebbe ‘pratica restrittiva’).
Anzi, alcuni passaggi sono veramente innovativi: di fronte all’obiezione dei ricorrenti che aperture indiscriminate potrebbero danneggiare i piccoli esercizi e costringerli alla chiusura, la Cassazione replica che l’assunto é inverosimile e che comunque ‘la diffusione capillare sul territorio delle farmacie appare un obiettivo recessivo dinanzi alla sempre più pressante esigenza di minori costi del servizio farmaceutico’.
Tradotto: si chiudano pure le farmacie inefficienti, roba che se lo avesse detto un politico lo avrebbero purgato con la dolce Euchessina. Fin qui la sentenza.
Tuttavia, il ragionamento degli augusti togati ci fa capire che cosa potrebbe succedere ogni qualvolta il Parlamento o una Regione emanasse una normativa anticompetitiva se il principio della concorrenza fosse contenuto in Costituzione negli stessi termini in cui era esplicitato nel Trattato di Maastricht: ‘L’azione degli Stati membri e della Comunità deve essere improntata ad una politica economica condotta conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza’.
Legge professionale che proibisce il patto di quota lite tra cliente e avvocato? Incostituzionale. Legge regionale che limita l’accesso alla professione di guida turistica? Incostituzionale. Legge salva-Alitalia che concede per 3 anni il monopolio sulla rotta Linate-Fiumicino? Incostituzionale. Un altro mondo.
Ecco, sarebbe una piacevole sorpresa se il nuovo Parlamento, non si affaccendasse solo ad alzare le tasse o combattere guerriglie logoranti, ma che si ritrovasse su un concetto che dovrebbe accomunarne la gran parte, da Grillo a Monti, da Bersani a, mah, forse persino Berlusconi: la concorrenza.
Repubblica Affari&Finanza di lunedì 25 febbraio 2013
La competizione, farmaco miracoloso – Se i giudici liberalizzano le farmacie
di De Nicola Alessandro adenicola@adamsmith.it
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