«Per l’apporto di potassio si consiglia di sentire il parere del medico. L’assunzione contemporanea di alcuni farmaci può a sua volta interferire con la ritenzione di potassio nell’organismo. L’uso è sconsigliato per i bambini». È questa l’avvertenza che le imprese produttrici di integratori alimentari contenenti potassio dovranno indicare sull’etichetta dei prodotti che, con una dose giornaliera, forniscono 1000 mg o più di potassio ai pazienti che li assumono. L’inserimento di tale indicazione si è resa necessaria in seguito alla rivalutazione degli apporti di potassio ammissibili forniti dagli integratori alimentari, a cura della sezione dietetica e nutrizionale del Comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale, nella seduta del 26 febbraio 2019. Ne da notizia la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, citando una circolare ministeriale inviata alle associazioni di categoria.

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Nello specifico, la Sezione dietetica e nutrizione «ha concordato – si legge nella nota – sull’opportunità di prevedere una specifica avvertenza per l’etichettatura a partire da una dose giornaliera che arriva a fornire il 50% del Valore nutritivo di riferimento (Vnr) del minerale», ovvero 1000 mg. In una nota del novembre del 2018, lo stesso ministero aveva comunicato nuovi divieti e limitazioni legati all’impiego di determinate sostanze negli integratori alimentari. All’epoca la nota aveva interessato l’acido lipoico, l’epigallo catechina gallato (Egcg) da tè verde, ed infine la serratio-peptidasi. Nel primo caso, a seguito delle evidenze scientifiche che hanno mostrato la possibile insorgenza di ipoglicemia tipica della sindrome di Hirata (evento peraltro molto raro) in seguito all’assunzione di sostanze come l’acido lipoico, vi era stata la modifica dell’avvertenza per l’uso di integratori contenenti acido lipoico. Nel secondo caso, «considerando l’emergere di evidenze scientifiche attestanti che la sostanza interferisce negativamente sulla biodisponibilità di acido folico e, tenendo conto nel contempo dell’entità del fabbisogno di tale vitamina in gravidanza», il ministero aveva ritenuto di sconsigliare in tale condizione l’uso di integratori contenenti Ecgc. In ultimo, per la serratio-peptidasi, il ministero aveva concluso che essendo «la sostanza un novel food, come attesta il catalogo della Commissione Ue aggiornato con tale indicazione», non è ammessa per l’impiego negli integratori alimentari.

Sempre in merito agli integratori alimentari, l’Associazione scientifica farmacisti italiani (Asfi), aveva puntato il dito contro l’uso troppo disinvolto di tali preparati. «La continua e crescente immissione in commercio di nuovi prodotti salutistici – aveva spiegato l’associazione -, notificati presso il ministero della Salute come “integratori alimentari”, ma poi propagandati presso la classe medica come se fossero veri e propri medicinali dotati di proprietà terapeutiche, da prescrivere su ricetta, è profondamente preoccupante», chiedendo «una legislazione più stringente, che impedisca possibili abusi a danno del paziente», ed invitando il ministero della Salute «ad aumentare l’attenzione con cui sorvegliano queste nuove delicate categorie di prodotti».

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