concorso-straordinario-farmacieIn qualche sito internet che si occupa di farmacie stiamo leggendo che se la Corte Costituzionale accoglierà le tesi del Tar Veneto tutti i concorsi sarebbero bloccati e l’intera riforma del decreto Cresci Italia ne verrebbe definitivamente compromessa. Come può essere così se non tutte le piante organiche sono state impugnate?

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Verosimilmente sono affermazioni contenute in un sito di matrice “settoriale” o simile, trattandosi di assunti che non trovano alcun fondamento nel sistema che disciplina l’efficacia delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale.

La domanda specifica probabilmente insita nel quesito – quale sia cioè il destino delle farmacie istituite ex novo da provvedimenti comunali di revisione straordinaria non impugnati – non è tuttavia peregrina né di scarso interesse, dato che i ricorsi contro questi provvedimenti non sono stati numerosissimi, e perciò sono parecchie le farmacie che nei fatti sono state sottratte in via definitiva al sindacato del giudice amministrativo.

Almeno sul piano dei principi, anche giurisprudenziali, non è però difficile rispondere, perché è stato chiarito da tempo che le sentenze di (pieno) accoglimento della Corte Costituzionale (come sarebbe quella che il quesito ipotizza), pur comportando l’inefficacia delle disposizioni incriminate – che nel ns. caso, lo ricordiamo ancora una volta, sono solo quelle dell’art. 11 che attribuiscono ai comuni competenze in via esclusiva in tema di revisione sia straordinaria che ordinaria della “pianta organica” – soltanto “dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” (art. 136 Cost.), si estendono altresì, con efficacia dunque ex tunc cioè retroattiva, a tutti i rapporti giuridici risultanti a quel momento ancora “pendenti”, non quindi a quelli c.d. “esauriti”.

Infatti, “E’ nella logica del giudizio costituzionale incidentale”, come ha precisato la stessa Corte (sent. 3/96), “che – ferma restando la perdita di efficacia della norma dichiarata incostituzionale dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, e la sua inapplicabilità nel giudizio a quo e in tutti quelli ancora pendenti, anche in relazione a situazioni determinatesi antecedentemente – la retroattività delle pronunce d’incostituzionalità trovi un limite nei rapporti ormai esauriti, la cui definizione, nel rispetto del principio di uguaglianza e di ragionevolezza, spetta solo al legislatore di determinare”.

Aggiungiamo per completezza che il limite dei rapporti “esauriti” non vale per le sentenze penali di condanna perché l’art. 30 della l.cost. n. 87 del 1953, dopo aver ribadito (terzo comma) che “Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”, sancisce espressamente (quarto comma) che “Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali.”.

Quindi, l’eventuale incostituzionalità delle due ricordate disposizioni dell’art. 11 produrrebbe i suoi effetti, oltre che nel giudizio a quo, anche in tutti gli altri giudizi amministrativi che – sempre alla data di pubblicazione della decisione – risultassero ancora non definiti con sentenza passata in giudicato (e, per ciò stesso, “pendenti”) e nei quali magari il giudice, in attesa della pronuncia della Corte, abbia inteso omologarsi al Tar Veneto rinviando anch’esso alla Consulta, con propria ordinanza, la questione di incostituzionalità sospendendo conseguentemente il processo dinanzi a sé (è un’eventualità che peraltro non dovrebbe ricorrere molto spesso, specie dopo la recentissima sentenza del Consiglio di Stato n. 2990 del 31/05/2013, sulle cui tante notazioni, alcune condivisibili e altre meno, torneremo comunque in un’altra circostanza).

Ben diversamente, e siamo così al punto centrale, i provvedimenti comunali non impugnati – e per questo diventati, come si suol dire, inoppugnabili – attengono, al pari di quelli gravati di ricorso definito con sentenza passata in giudicato, a rapporti “esauriti”, e come tali ad essi non potrebbe estendersi l’efficacia retroattiva della decisione della Corte di accoglimento dell’eccezione di incostituzionalità.

Scendendo ora nel concreto, le “nuove farmacie” contro la cui istituzione sia stato proposto (con l’impugnativa del relativo provvedimento comunale) tempestivo ricorso, che – sempre alla pubblicazione della ipotetica sentenza di accoglimento della Corte – risulti ancora “pendente”, saranno espunte dalla “pianta organica” di quel comune proprio a seguito della decisione del giudice amministrativo consequenziale alla pronuncia costituzionale.

Esemplificando, e ricordando che anche l’area del giudizio amministrativo è segnata rigorosamente dal ricorso introduttivo, se il provvedimento avesse istituito dieci farmacie ma soltanto due di queste fossero state oggetto del gravame, le altre otto resterebbero in vita perché l’annullamento della deliberazione comunale potrebbe essere solo “in parte qua”, cioè circoscritto appunto alle farmacie contestate dal ricorrente.

La stessa sorte seguirebbe il ricorso proposto (per illegittimità derivata) contro il bando regionale di concorso, dal quale pertanto dovrebbero anche qui essere stralciate le sole farmacie di cui sopra.

Tutte le altre “nuove farmacie”, quelle perciò istituite con provvedimenti non impugnati, ovvero oggetto di ricorso deciso con sentenza di rigetto che alla pronuncia della Corte risulti passata in giudicato (una sentenza del Tar, ad esempio, non appellata nei termini al CdS, o una decisione in secondo e ultimo grado dello stesso Consiglio di Stato), invece, devono e/o dovranno ritenersi definitivamente impermeabili all’ipotizzata sentenza di accoglimento e quindi essere regolarmente oggetto di assegnazione concorsuale.

Dal punto di vista dei principi, in definitiva, quei siti non possono avere alcuna ragione per preconizzare uno scenario del genere con riguardo ai concorsi, e ancor meno per pensare al naufragio dell’intera Riforma Monti sul servizio farmaceutico, che infatti – come abbiamo già rilevato (v. Sediva News 29/05/2013: “Il rinvio alla Corte Costituzionale: che accade ora?”) – sopravviverebbe per la sua gran parte anche all’annullamento delle due norme portate all’esame della Corte, perché il ripristino del sistema previgente delle competenze non potrebbe astrattamente recare con sé altre conseguenze.

Ma anche noi non ci nascondiamo che sul piano pratico (e anche “intercategoriale”) una sentenza della Corte in quella direzione finirebbe forse per porre grandi problemi sotto altri profili.

(gustavo bacigalupo)

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