Si è tenuta giovedì 21 gennaio, a Firenze, presso la biblioteca delle Oblate, una conferenza sulle attività dello Stabilimento chimico farmaceutico militare, struttura storica che fu aperta per la prima volta nel 1853. «Come spiegato dalla nostra Costituzione, è un dovere per ogni cittadino compiere un’attività che abbia una valenza sociale. In questo senso è motivo di orgoglio essere qui a parlare di ciò che facciamo ad esempio per le malattie rare», ha spiegato il maresciallo Camillo Borzacchiello, responsabile del progetto “Farmaci orfani e Malattie rare”, tra i relatori del convegno.
A fianco a lui il colonnello Antonio Medica, che ha dapprima ripercorso attraverso una presentazione la storia dello stabilimento, che nacque a Torino nel lontano 1832 (su impulso del re Carlo Alberto). Dal 1853 vi fu istituito un deposito militare di farmaci, con annesso laboratorio chimico-farmaceutico. Nel 1931 l’intera struttura fu trasferita a Firenze, dove si trova tuttora. Lo scopo principale delle attività dello stabilimento, allora come oggi, è di preparare farmaci per i militari italiani. Tuttavia, già dal 1903, l’allora Istituto Chimico Farmaceutico Militare è stato chiamato a produrre medicinali anche ad uso civile. «In quell’anno si lanciò il Chinino di Stato per combattere il propagarsi della malaria nel Paese. È un po’ quello che accade oggi con la cannabis: da una pianta si può ricavare una forma farmaceutica utile», ha spiegato il colonnello.
Quest’ultimo ha quindi illustrato l’organigramma della struttura e dei vari reparti, e elencato ciò che viene fabbricato: dai medicinali agli integratori, fino ai prodotti per il benessere e la salute, «a dimostrazione della grande flessibilità della nostra capacità produttiva». Ma anche, ad esempio, lo ioduro di potassio trasformabile in compresse, radioprotettore fondamentale in caso di disastro nucleare: «Noi non abbiamo centrali, ma ce ne sono in Francia, Svizzera e Slovenia, per cui non siamo esenti da rischi». Soprattutto, la struttura continua a produrre una serie di farmaci orfani, «quelli cioè che non sono appetibili per le industrie farmaceutiche, perché non hanno mercato. Se le multinazionali non hanno margini di guadagno sufficienti, arrestano infatti la produzione, mentre il Farmaceutico militare continua a produrne per gli ospedali pubblici», ha sottolineato Medica.
Migliaia di persone riescono così a curare patologie poco comuni: «È il caso ad esempio della rarissima sindrome di Menke, che colpisce un bambino ogni 50 mila nascite, per il quale lo stabilimento fiorentino ha prodotto a lungo un preparato di rame istidinato. In generale, sono 1.500-2.000 i pazienti che dipendono dalla nostra struttura per i medicinali di cui hanno bisogno», ha precisato l’ufficiale.
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