
In un’intervista a FarmaciaVirtuale.it, Stefano Collatina, presidente di Egualia, ha approfondito le strategie per rafforzare l’autonomia del settore farmaceutico europeo, in un momento storico dove l’incertezza geopolitica mondiale pone la filiera di fronte a continue sfide. Partendo dal Critical medicines act, Collatina ne ha riconosciuto il potenziale nel mitigare carenze di medicinali e dipendenze esterne, evidenziando però la necessità di criteri finanziari trasparenti e di incentivi mirati alla produzione su larga scala. Nell’intervista a FarmaciaVirtuale.it, Collatina ha ribadito l’importanza di snellire gli oneri burocratici e di sostenere farmaci equivalenti e biosimilari, esposti a rischi di ritiro per margini ridotti. Tra gli altri temi, la riorganizzazione della filiera, con il focus su approvvigionamento di Api, logistica resiliente e digitalizzazione, e gli ostacoli al reshoring, legati a costi elevati e frammentazione produttiva.
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Come giudica l’efficacia degli strumenti europei (es. Critical medicines act) nel garantire autonomia strategica alle aziende del pharma? Quali modifiche normative avete chiesto e chiedete alla Commissione per sostenere la filiera?
Il Critical medicines act (Cma), proposto dalla Commissione Ue, è senza dubbio un passo avanti per affrontare il tema della scarsità di alcuni farmaci e il rischio di dipendenza strategica da fonti esterne. L’intenzione di definire in modo chiaro un quadro di regole e incentivi per i “medicinali critici” – ovvero quei prodotti fondamentali per la salute pubblica – è un segnale positivo. Tuttavia, perché il Cma abbia un impatto realmente incisivo, sarà necessario, ad esempio, per quanto riguarda gli strumenti di supporto all’attività di produzione industriale, indicare parametri di finanziamento chiari e prioritari. In particolare, se un’azienda investe in un progetto strategico (ad esempio per ampliare o ammodernare uno stabilimento), è essenziale che abbia accesso semplificato a bandi e fondi, evitando sovrapposizioni burocratiche.
Contemporaneamente è necessario intervenire sul fronte della sostenibilità, effettuando un vero e proprio investimento intellettuale in tema equità e di semplificazione delle regole di governance del settore. Sarà necessario allocare risorse economiche ad hoc a livello europeo. Ciò senza gravare sulle casse degli Stati membri e andando oltre la logica degli aiuti di Stato, prevedendo strumenti di incentivo anche per la produzione su larga scala (e non solo per l’innovazione), riducendo gli oneri burocratici legati all’accesso agli incentivi, prevedendo altresì strumenti di “incentivi Light”, accessibili anche in caso di investimenti compresi tra i 5 e i 20 milioni di euro, ed eliminando i vincoli derivanti dalla localizzazione geografica delle aziende.
A ciò si aggiunge la necessità di un sistema di procurement (acquisto pubblico) più equilibrato, che non premi soltanto il fattore prezzo, il riconoscimento della specificità dei farmaci equivalenti e biosimilari, caratterizzati da prezzi di vendita spesso troppo bassi per sostenere ulteriori oneri regolatori o di tipo infrastrutturale senza un adeguato supporto e pertanto a rischio di ritiro dal mercato, lo snellimento delle regole di accesso al mercato – ad es. armonizzazione della Clausola Bolar –, perché un percorso più veloce e armonizzato può contribuire a incentivare gli investimenti industriali in territorio europeo.
Oltre alla produzione, quali altri anelli della filiera – es. materie prime, logistica, tecnologia – richiedono un’urgente riorganizzazione per ridurre la dipendenza da Paesi terzi? Quali soluzioni propone Egualia?
La produzione farmaceutica è un’opera complessa: tolta la parte finale di sintesi e “assemblaggio” del farmaco, tra gli elementi chiave che condizionano l’autonomia strategica del settore farmaceutico sono sicuramente le materie prime e la logistica. È ormai universalmente noto che la produzione di principi attivi farmaceutici (Api) è in gran parte delocalizzata in Asia: noi da tempo suggeriamo l’introduzione di incentivi fiscali e procedure agevolate per chi produce o vuole tornare a produrre sul territorio italiano ed europeo.
Per quanto riguarda logistica e distribuzione, le crisi sanitarie e geopolitiche, specie in questi ultimi anni, ci hanno dimostrato quanto sia indispensabile garantire la continuità del trasporto di materie prime e farmaci anche in caso di crisi. Rispondere a questa esigenza implica investire in infrastrutture di stoccaggio e in canali logistici dedicati. Come Egualia abbiamo proposto la definizione, a livello europeo, di “corridoi prioritari” per i medicinali critici, da attivare nei periodi emergenziali, insieme a un monitoraggio sistematico delle scorte. Nel lungo periodo, la digitalizzazione e l’implementazione definitiva de nuovo meccanismo digitale di tracciabilità a livello europeo possono migliorare la pianificazione e la gestione delle scorte, contribuendo anche alla riduzione dei costi.
Con riferimento alla già da tempo ipotizzata possibilità di reshoring, quali sono gli ostacoli principali che impediscono il ritorno delle attività produttive farmaceutiche in Europa, nonostante i piani preesistenti alla recente instabilità geopolitica? Come bilanciare costi e benefici per le aziende del settore?
Ci sono più ostacoli storici al reshoring delle produzioni farmaceutiche in Europa, a partire dal problema dei problemi: quello dei costi. Gli standard europei in tema di costo del lavoro ed esigenze regolatorie sono decisamente più elevati rispetto a quelli vigenti nei Paesi asiatici ma comportano di conseguenza costi produttivi più elevati. Questo incide pesantemente sulla competitività dei prodotti di fascia di prezzo più bassa, come nel caso degli equivalenti che, essendo rimborsati a prezzi fissi e “non adeguabili” al crescere dei costi di produzione, non possono compensare con un margine maggiore l’aumento di costi connessi al reshoring (ad esempio, energia più costosa, manodopera più qualificata ecc.).
Le aziende asiatiche producono a costi più bassi e riescono ad abbatterli ulteriormente concentrando grandi volumi di Api: spostare le produzioni in Europa senza un adeguato coordinamento rischia di frammentare l’offerta e di non raggiungere quella massa critica che rende le linee produttive efficienti. Per cercare di bilanciare costi e benefici è necessaria l’introduzione di incentivi selettivi – come meccanismi di defiscalizzazione, fondi strutturali e cofinanziamenti nazionali/Ue – per incoraggiare chi si impegna nel riportare parti critiche della filiera in Europa. Ultimo elemento di supporto indispensabile allo sviluppo, la semplificazione delle procedure di autorizzazione e di farmacovigilanza per i nuovi impianti, favorendo un trasferimento tecnologico più rapido ed efficace.
In che modo le vulnerabilità della supply chain globale potrebbero ripercuotersi direttamente sulle farmacie e, più in generale, sulla salute dei pazienti?
Quando la filiera produttiva dipende in modo eccessivo da un solo Paese o da un unico stabilimento, basta un’interruzione imprevedibile – catastrofi naturali, tensioni geopolitiche, pandemie – per generare un effetto a catena. Possono verificarsi, ad esempio, ritardi nella fornitura o blocchi doganali capaci di svuotare gli scaffali dei distributori in poche settimane, con conseguenti situazioni di shortage di prodotti essenziali nelle farmacie. In particolare le farmacie rurali o più piccole potrebbero trovarsi a ricevere meno scorte, ampliando le disomogeneità e disuguaglianze di accesso a trattamenti vitali da parte dei pazienti.
La presenza di carenze può a sua volta determinare una particolare pressione su farmaci sostitutivi o su alternative di importazione, con un aumento dei prezzi “a valle” e rincari che ricadono sui pazienti e sul Servizio Sanitario nazionale. In sostanza le istituzioni pubbliche devono favorire una vera politica industria, condividere quindi i rischi di investimento per non lasciare soli i soggetti industriali. Solo un approccio condiviso e una normativa favorevole alla produzione possono mitigare l’impatto di eventuali crisi sulle farmacie e sui pazienti.
La lezione emersa dai recenti shock geopolitici e sanitari è che l’autonomia strategica non si esaurisce nel “fabbricare di più e più vicino”, ma deve coordinarsi con una politica industriale che includa incentivi mirati, procedure semplificate, investimenti in digitalizzazione e logistica, nonché un quadro normativo che supporti le aziende del settore senza penalizzare la sostenibilità della filiera. In quest’ottica, il Critical medicines act e i futuri interventi in ambito di politica farmaceutica europea, se ben calibrati alle peculiarità dell’industria dei farmaci equivalenti, potranno contribuire in maniera determinante a ridurre le vulnerabilità della supply chain e a preservare il principio di accesso equo ai medicinali.
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