Il 12 marzo 2024 AstraZeneca ha reso noto che «l’immunoterapia con durvalumab in prima linea migliora la sopravvivenza delle due forme più frequenti di tumore primitivo del fegato: il carcinoma epatocellulare, che ha origine dagli epatociti (le cellule del fegato), e il colangiocarcinoma, che deriva dalle cellule delle vie biliari (i canali che trasportano la bile dal fegato all’intestino)». Alla luce delle evidenze, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di una singola dose iniziale di tremelimumab con durvalumab seguita da durvalumab in monoterapia per il trattamento di prima linea dei pazienti adulti con carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile.

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Gli studi di Fase III pubblicati

Come evidenziato nello studio di Fase III Himalaya, pubblicato su “Annals of Oncology”, «a 4 anni il 25,2% dei pazienti trattati con durvalumab più tremelimumab era vivo rispetto al 15,1% con sorafenib, standard di cura al momento dell’avvio dello studio, e il rischio di morte è stato ridotto del 22%. Aifa, inoltre, ha approvato la rimborsabilità di durvalumab per il trattamento di prima linea dei pazienti adulti con carcinoma delle vie biliari non resecabile o metastatico in combinazione con la chemioterapia (gemcitabina più cisplatino). Nello studio di Fase III Topaz-1, pubblicato nel “New England Journal of Medicine Evidence”, durvalumab più chemioterapia ha ridotto del 24% il rischio di morte rispetto alla sola chemioterapia, con una stima di pazienti ancora in vita a due anni dall’inizio del trattamento più che raddoppiata (23,6% rispetto a 11,5%).

«Risultato decisivo per la comunità scientifica e per i pazienti»

Paola Morosini, Medical Affairs Head Oncology AstraZeneca, ha ricordato che «la scienza, da sempre, è il pilastro fondante della nostra strategia e disponiamo di una pipeline che ci pone in una posizione di leadership anche nel trattamento delle patologie oncologiche gastrointestinali. L’approvazione della rimborsabilità di durvalumab nei tumori del fegato e delle vie biliari è un risultato decisivo per la comunità scientifica e per i pazienti. In particolare, siamo di fronte alla prima approvazione di un regime immunoterapico in prima linea nel colangiocarcinoma. Continuiamo a supportare trial su durvalumab anche nell’epatocarcinoma in stadi più precoci. Ad esempio, lo studio Emerald-1 ha evidenziato il ruolo di durvalumab in combinazione con la chemioembolizzazione, quando il tumore è confinato al fegato e la funzionalità epatica non è compromessa».

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