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«Federconsumatori – rimarca l’associazione – da sempre è favorevole e rivendica la liberalizzazione dei farmaci di Fascia C, quelli cioè con obbligo di prescrizione e a totale carico del paziente. Sostiene che debbano poter essere venduti anche nelle parafarmacie e valuta non condivisibili e non giustificabili le ragioni di chi difende la vendita dei farmaci di Fascia C solo ed esclusivamente nelle farmacie». Si rafforza, dunque, il fronte opposto alle richieste portate avanti dagli organi di categoria dei farmacisti, in primis Federfarma, e si crea anche una curiosa contrapposizione sulla rappresentanza delle istanze dei cittadini, con tanto le associazioni dei consumatori quanto il sindacato dei farmacisti che affermano di parlare in nome degli interessi dei pazienti. «Da sempre – afferma Federconsumatori – ribadiamo che liberalizzare la vendita dei farmaci con obbligo di prescrizione e non rimborsati dal Servizio sanitario nazionale significa garantire l’ampliamento del numero dei punti vendita con la presenza di un farmacista».
Una maggior capillarità distributiva, secondo l’associazione, per i cittadini comporterebbe vantaggi su più fronti, e in particolare di avere «la disponibilità di una più ampia offerta nei territori, la certezza di poter contare sulla presenza di un farmacista a tutela della salute, il vantaggio di riduzioni delle spese a carico del paziente per una cifra che, secondo quanto calcolato dall’Onf – Osservatorio nazionale Federconsumatori, ammonta a 42 euro annui a famiglia». L’associazione non può in effetti essere accusata di cavalcare l’onda del momento: il suo osservatorio già nel 2013 aveva elaborato questa stima di risparmio grazie alla liberalizzazione, e da anni prima ancora chiede la libera commercializzazione di circa 4 mila farmaci, includendo le parafarmacie e i punti vendita nella Grande distribuzione organizzata. Nulla di strano, dunque, se ora torna in campo, per chiedere che tali richieste vengano recepite in una norma ad hoc.
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