ddl concorrenza farmacie“Mi auguro che il conclamato dissenso di autorevoli esponenti del Pd – lo stesso partito che nel recente passato ha sostenuto le ben note di Bersani – in merito a quelle stesse norme che, ben lontane dalla reale modernizzazione del sistema in senso liberale, hanno di fatto aperto la strada al mercatismo più deleterio, si traduca in azioni concrete a sostegno di un settore in grave difficoltà che merita di essere risarcito per i gravi effetti degli errori commessi. Gli esercizi di vicinato, l’abbassamento del quorum farmacie/abitanti e le norme (sciatte e inique) che disciplinano il maxi concorso straordinario sono lì a testimoniare i danni prodotti ai cittadini, al sistema e alla efficienza del comparto.
Il mio è più di un auspicio, considerato che la deregulation totale è in grado di compromettere quelle garanzie di qualità dei servizi a tutela dei cittadini che in particolare nel settore sanitario non può essere accettabile.
Se, all’epoca, opponendomi con vigore all’adozione di quelle presunte norme “liberalizzatrici” che sembravano scritte con l’inchiostro dell’inimicizia verso alcune categorie, diventai oggetto di accuse ingiuriose e atti intimidatori, fatto sta che oggi mi ritrovo in buona compagnia dei colleghi del Pd. Colleghi che, valutandone gli effetti deleteri che si rivelano essere opposti a quelli promessi a cittadini e operatori sul versante occupazionale, dello sviluppo del comparto, della economicità e qualità dei servizi, certificano, in sostanza, i gravi errori commessi nel passato più e meno recente. Errori che ancora oggi pagano sulla propria pelle e di tasca propria tanti farmacisti, che attendono soluzioni concrete per sottrarre le proprie speranze dalle sabbie mobili di una politica troppo spesso strozzata da nodi ideologici.
Ora, siccome errare è umano, ma perseverare diabolico, mi auguro che il pentimento del Pd, socio di maggioranza di questo Governo, induca alla riflessione, alla prudenza e al rigore nell’approvazione di leggi ed emendamenti conseguenti.
L’occasione del ddl concorrenza sarà un banco di prova per misurare la fondatezza di certe dichiarazioni di pentimento. Il ddl in questione prevede, infatti, nella vigente stesura della norma all’esame della X Commissione del Senato, l’ingresso dei capitali tout court, nella proprietà delle farmacie che in questo modo finirebbero nell’imbuto del monopolio di grosse multinazionali. D’altro canto, l’ingresso dei capitali nelle società di professionisti, approvato nella scorsa legislatura, e gli effetti conseguenti, costituiscono un tema delicato e ancora molto discusso.
C’è da dire che, per conservare immodificato il controllo della Professione sul capitale fu introdotto un tetto al capitale in entrata con quota minoritaria. Una clausola di buon senso approvata, non senza resistenze e difficoltà, dopo il dibattito sviluppatosi, dentro e fuori dalle aule parlamentari, tra mercatisti vocati alla deregulation totale e liberali convinti della necessità di sciogliere lacci anacronistici, ma mantenere una regolamentazione che tutelasse in primo luogo i cittadini e poi settori delicati dall’assalto dei monopoli e da possibili fenomeni illegali.
Ricordo a me stesso la lettera aperta da me inviata ai vertici istituzionali del Governo e del Parlamento, sottoscritta da circa 150 tra deputati e senatori di varia estrazione politica, schierati a difesa dell’autonomia delle professioni.
Dunque, oggi abbiamo l’occasione di correggere la rotta: prevedere un tetto anche nella previsione dell’ingresso dei capitali nella proprietà delle farmacie; introdurre vincoli e limiti ben precisi per evitare che la politica del farmaco e della salute sia completamente affidata alla logica del capitale e del business; accogliere gli emendamenti all’art. 48 del ddl concorrenza che mirano a conservare il governo delle farmacie italiane nel controllo della professione e non del mercato e del businnes. In tal senso si sono già orientati i senatori della Commissione Industria che sta esaminando il ddl e che ha approvato la disposizione che prevede l’ingresso di capitali terzi all’interno di società di avvocati, ma col limite di un terzo del capitale sociale.
Una decisione assunta in questa direzione eviterebbe il rischio di una mutazione genetica della farmacia italiana che, nonostante le tante “aggressioni legislative” conserva ancora elevati livelli di efficienza che le fanno mantenere posizioni prioritarie nei sondaggi sul gradimento dei servizi sanitari erogati nel nostro Paese. Siamo ancora in tempo per riflettere e decidere con avvedutezza e responsabilità. E questa responsabilità ricade prioritariamente su quello stesso Pd che oggi si pente degli errori di ieri e che ha il dovere di prendere la strada del ravvedimento operoso”. Lo dichiara in una nota il sen. d’Ambrosio Lettieri (CoR), componente Commissione Sanità del Senato.

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