Un farmacista vincitore del concorso straordinario per l’assegnazione di nuove sedi farmaceutiche sul territorio della regione Lazio ha chiesto all’avvocato Gustavo Bacigalupo se sia possibile immaginare di avviare una class action, con l’obiettivo di far valere i diritti di coloro che sono ancora in attesa dei provvedimenti regionali necessari per poter aprire le farmacie.
«Senza scomodare la “class action”, in ogni caso macchinosa da proporre – spiega il legale – in queste vicende, i profili di responsabilità che possono veder coinvolta l’amministrazione regionale derivano in realtà soltanto dalle scelte sbagliate operate per le 7 sedi di Latina. Per il resto, il problema laziale è ascrivibile soprattutto al sistema dei concorsi pubblici in generale e a quello dei concorsi straordinari in particolare che sono stati nel concreto incisi pesantemente da alcuni ricorsi al Tar contro l’istituzione delle nuove farmacie e anche, fatalmente, da altri proposti contro le graduatorie. E però, sia chiaro, erano e sono pienamente legittimi sia gli uni che gli altri, anche se i loro tempi di definizione avrebbero potuto e potrebbero essere accorciati».
Più specificatamente sulla questione del Lazio, secondo Bacigalupo la soluzione con minori danni sembrerebbe ancora quella di procedere rapidamente all’assegnazione definitiva delle sedi a concorso accettate entro il 23 maggio scorso dai rispettivi assegnatari, escludendo ovviamente proprio le 7 sedi di Latina, e attendendo per esse la decisione del Consiglio di Stato sull’appello proposto contro la sentenza del Tar n. 548/2013 che ha annullato la revisione straordinaria della pianta organica di quel comune. Con Determina dirigenziale del 13 luglio la Regione ha disposto formalmente di “sospendere l’assegnazione delle 7 sedi di Latina in attesa della decisione”. Se il CdS accogliesse l’appello riformando la sentenza, la “questione laziale” probabilmente si sistemerebbe in termini soddisfacenti anche per le 7 compagini vincitrici. Se al contrario dovesse respingere l’appello, le 7 compagini potrebbero azionare nei confronti della Regione ragioni di credito di una qualche serietà, mentre per l’assegnatario di una delle altre sedi sub judice le cose stanno come sappiamo: diventa assegnatario senza più condizioni, se il ricorso contro quella sede viene respinto, ma va al secondo interpello se accolto».
Tuttavia questo non è il solo giudizio pendente: «C’è pertanto il rischio non solo teorico che un’eventuale pronuncia di accoglimento del Tar comporti il rinnovo anche parziale di alcune fasi post-graduatoria o addirittura riporti tutto al punto di partenza, con quel che di inimmaginabile ne deriverebbe. Inoltre, comunque decidano i giudici romani, permarrebbe pur sempre l’alea del coinvolgimento del CdS che potrebbe perciò allungare ulteriormente le ombre dell’ennesimo stop in un futuro non lontanissimo». Ciò significa, in conclusione, che «qualunque misura scelga qui la Regione, insomma, essa potrebbe rivelarsi non definitiva e soprattutto non risolutiva».
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