concorso-straordinario-corte-costituzionale-farmacieSono in tanti a porsi in queste ore l’interrogativo e dunque proviamo rapidamente a dare qualche risposta.

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Intanto, l’iter dell’ordinanza del Tar Veneto, come di tutti i provvedimenti giurisdizionali del genere, è scritto nella l. 87/53 (artt. 23 e 25): l’ordinanza viene notificata a cura del giudice a quo – oltre che alle parti e al presidente del Consiglio o della Giunta regionale, secondo che siano in discussione norme statali o regionali – anche ai presidenti di Camera e Senato (ovvero del Consiglio regionale) e pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

La notifica mira certo a stimolare un eventuale intervento del legislatore, prima ancora della decisione della Corte, diretto alla modifica delle disposizioni di legge sospettate di incostituzionalità; ma, salva qualche fattispecie assolutamente straordinaria, la notifica alle Camere di un’ordinanza di rinvio alla Consulta non ha nei fatti alcun seguito.

È diverso invece il ruolo della pubblicazione dell’ordinanza in G.U. (cui provvede il presidente della Corte), perché permette ai giudici, a tutti i giudici ma naturalmente in questo caso soprattutto ai Tar e al Consiglio di Stato, di venirne a conoscenza e quindi ‑ ove stiano occupandosi di fattispecie regolate e/o interessate anch’esse dalle disposizioni in attesa di essere scrutinate e ritengano rilevante anche nei rispettivi processi la relativa questione di costituzionalità – di valutare se sospendere o meno anche il giudizio dinanzi a sé, con un provvedimento analogo a quello del Tar Veneto, in attesa della pronuncia della Consulta.

Ricordando che le norme “sospette” sono il primo comma (secondo periodo) dell’art. 2 della l. 475/68 come modificato dal disposto sub c) del comma 1 dell’art. 11 e il comma 2 dello stesso articolo, cioè le disposizioni attributive ai Comuni di potestà provvedimentali in tema di revisione ordinaria e revisione straordinaria (della “pianta organica”), ci si può chiedere se per la sospensione di questi altri processi amministrativi sia necessario che nel giudizio la questione di costituzionalità sia stata sollevata.

La risposta è senz’altro negativa, perché il giudice – sia in primo grado (Tar) che in sede di appello (CdS) – può in tal senso procedere anche d’ufficio (pur se nella sostanza tutti i ricorrenti hanno proposto l’eccezione di incostituzionalità, quantomeno per scrupolo difensivo) e si può quindi pensare che tutto sommato la sospensione dei processi possa alla fine rivelarsi un’evenienza non proprio sporadica.

Una sospensione è però ragionevole escluderla – oltre che nel caso in cui il giudizio sia stato già definito con sentenza passata in giudicato (ipotesi soprattutto teorica per la brevità del tempo intercorso) – quando il giudice abbia avuto occasione in precedenza, perciò in altri giudizi, di pronunciarsi negativamente sull’eccezione di incostituzionalità (come si sono espressi negativamente, ad esempio, i Tar di Lazio, Friuli e Sardegna) e verosimilmente anche quando, affrontandola per la prima volta, ritenga l’eccezione non fondata preferendo pertanto non allinearsi al Tar Veneto e decidere invece il giudizio.

Altra questione riguarda le sedi istituite ex novo dai Comuni nella revisione straordinaria (esercitando pertanto poteri regolatori sui quali giudicherà la Corte) e incluse per ciò stesso in un bando regionale di concorso: ma l’eventuale sospensione del processo instaurato contro la revisione trascinerà con sé probabilmente anche la sospensione del giudizio che l’interessato può aver proposto anche contro il bando, assumendone in parte qua – cioè con esclusivo riguardo alle sole “nuove farmacie” contestate nel primo ricorso ‑ l’illegittimità derivata dalla illegittimità del provvedimento istitutivo.

Inoltre, e siamo ad un aspetto molto delicato, i provvedimenti comunali (ed eventualmente quelli regionali) impugnati, a meno che il giudice non ne abbia disposto su istanza di parte la sospensione dell’efficacia, continuano a spiegare i loro effetti anche se il processo viene sospeso per simpatia con il Tar Veneto; nelle more del giudizio costituzionale, quindi, le farmacie messe in discussione potrebbero essere assegnate per concorso pregiudicando così gli interessi del ricorrente, che perciò sarà opportuno produca o reiteri senza indugio (al Tar e/o al CdS) l’istanza di sospensione del provvedimento comunale (e di quello regionale), che del resto il giudice potrebbe anche accogliere.

E poi, da ultimo, si possono ritenere fondate le eccezioni di incostituzionalità di quelle disposizioni? E cosa comporterebbe la loro caduta?

Alla prima domanda è certamente difficile rispondere, ma qui tenderemmo a considerare poco probabile che il giudizio costituzionale possa sfociare in una sentenza c.d. interpretativa oppure di accoglimento parziale, sembrando invece – ancor più che in altre circostanze congeneri – che la decisione possa essere soltanto di pieno accoglimento o di rigetto delle eccezioni proposte.

Quindi, le norme dovrebbero essere ritenute:

  • a) incostituzionali, dato che – sia o non sia il Comune titolare di una o più farmacie – non è in ogni caso garantita l’imparzialità dell’esercizio del potere regolatorio (non dimentichiamo infatti che se il Comune non è già titolare di farmacia, può diventarlo anche oggi con l’assunzione di farmacie soprannumerarie – negli aeroporti, porti, ecc. – e domani o dopodomani con l’esercizio del diritto di prelazione anche su quelle istituite a seguito delle revisioni ordinarie), imparzialità che diventa addirittura conflitto d’interessi in presenza di esercizi comunali;
  • b) ovvero, non incostituzionali, perché, in particolare, i “parametri” così rigorosi (quorum, distanza minima, “equa distribuzione…”, ecc.) che regolano l’esercizio del potere comunale, unitamente alla partecipazione obbligatoria ai procedimenti di Asl e Ordini dei farmacisti, ne impediscono ragionevolmente un uso distorto, talché, se nondimeno c’è deviazione dallo schema legale del provvedimento, le ragioni di chi ne lamenti l’illegittimità (il classico eccesso di potere per sviamento) potranno sempre essere fatte valere dinanzi al giudice amministrativo.

Personalmente, non ci sorprenderemmo se fosse proprio quest’ultimo, cioè di rigetto, l’assunto finale della Corte, ma con la Consulta – che d’altra parte questa volta non potrebbe “temere” le conseguenze di una sentenza di pieno accoglimento (perché non sono in ballo interessi giganteschi né sul piano meramente politico né su quello delle entrate erariali) – è difficile per tutti fare previsioni.

Quali siano infine tali conseguenze è presto detto: espunte dall’art. 11 le disposizioni giudicate incostituzionali, riprenderebbe a funzionare immediatamente il sistema delle competenze fissato da quelle previgenti, cosicché i provvedimenti di revisione tornerebbero ad essere di pertinenza delle Regioni (e delle Province di Trento e Bolzano), mentre quelli contemplati in altre disposizioni statali e/o regionali – se si ritiene, come a noi pare, che l’art. 11 abbia implicitamente trasferito ai Comuni anche altre attribuzioni oltre a quelle riguardanti la fatidica pianta organica – torneranno di spettanza dell’amministrazione precedentemente competente.

Ma se pure (nel quadro delle previsioni dell’art. 118 Cost.) quello comunale non si rivelasse – secondo il giudice costituzionale – il livello di competenza adeguato all’esercizio del potere di “zonizzazione” delle farmacie, una tale eventualità non dovrebbe di per sé sconvolgere più di tanto sul piano dei principi, perché la Riforma Monti sopravviverebbe per la sua gran parte anche all’eliminazione delle due norme portate all’esame della Corte.

Quali, tuttavia, potrebbero essere – sotto altri aspetti facilmente identificabili – gli echi ulteriori di vicende del genere è arduo configurarlo.

(gustavo bacigalupo)

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