concorso straordinario farmacieDomande sul concorso straordinario farmacie: se il titolare rurale vince ora una farmacia, può vendere la sua dopo l’accettazione o rischia di essere estromesso? Credo che il problema sia stato da voi trattato ma vorrei ancora qualche chiarimento perché mi trovo proprio in questa situazione.

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E’ una vicenda in realtà esaminata parecchie volte, ma le incertezze continuano certo ad affiorare e talora comprensibilmente possono angosciare gli interessati; parlarne quindi una volta di più – riproponendo in sostanza quanto già osservato in precedenza – non può guastare. È vero che, specie nei primi dieci o quindici anni successivi all’entrata in vigore della l. 2/4/68 n. 475, qualche farmacista è riuscito purtroppo (perché non c’è di che rallegrarsi…) a conseguire per concorso una farmacia pur dopo averne venduta un’altra nel corso della fase di assegnazione delle sedi concorsuali.
E questo, anche per l’assenza del fantomatico “albo nazionale dei titolari di farmacia” (previsto nell’art. 18 del DPR 1275/71, ma nei fatti mai davvero funzionante), è potuto accadere soprattutto quando, ad esempio, la farmacia venduta fosse ubicata in Val D’Aosta e quella conseguita per concorso a… Trapani.
Ma è chiaro – e i concorsi straordinari stanno fornendo l’occasione per tornare a più riprese sull’argomento – che non c’è giuridicamente nessuna possibilità per il concorrente che partecipi in veste di titolare in forma individuale di una farmacia di cedere l’esercizio in un qualsiasi momento della procedura e nondimeno conseguirne un’altra per effetto del concorso, perché la preclusione decennale (come noto operante anche nei concorsi straordinari e la cui ratio, ormai quasi obsoleta, mira a evitare “speculazioni“ in ordine a successive titolarità di farmacie ravvicinate nel tempo) è sancita in termini non equivoci, e ben illustrati a suo tempo dalla giurisprudenza, nel quarto comma dell’art. 12 della l. 475/68.
Si tratta per di più di un divieto (in pratica bifronte, perché da un lato impedisce la partecipazione a chi abbia trasferito l’esercizio da meno di dieci anni e, dall’altro, comporta l’esclusione dal concorso a carico di chi operi la cessione all’interno della procedura) che viene anche, come dire?, rafforzato dall’immarcescibile art. 112 del T.U.San., il quale, vietando “il cumulo di due o più autorizzazioni in una sola persona, prevede infatti che quando il titolare di una farmacia concorre “all’esercizio di un’altra” decade di diritto dalla prima se, conseguita a seguito dell’espletamento del concorso la seconda, “non vi rinunzi con dichiarazione, ecc.”.
La fine sostanza di questo secondo divieto sta nella radicata volontà legislativa – sopravvissuta anche all’introduzione della commerciabilità della farmacia – di permettere bensì al titolare di farmacia di migliorare il suo standard professionale, contemperando però questa esigenza privatistica con quella di rango pubblicistico (il “divieto di cumulo” è dunque espressione di un principio inderogabile) di evitare la concentrazione nelle stesse mani di più esercizi.
Anzi, quella di consentire l’acquisizione della titolarità di una farmacia al più ampio numero di farmacisti è una finalità addirittura ai vertici degli obiettivi enunciati dall’art. 11 del dl. Cresci Italia e proprio per questo non è più lecito pensare che al titolare individuale possa essere estesa la facoltà riconosciuta alle società di persone di assumere la titolarità anche di quattro esercizi e perciò l’unititolarità individuale non sembra una foglia di fico destinata a cadere molto presto. Ora, le due disposizioni, e quindi anche i due divieti vanno tra loro opportunamente correlati, perchè fissano in realtà un principio di alternatività – imposta al farmacista ma rimessa ad una sua scelta – tra rendersi (definitivamente) assegnatario di una sede farmaceutica a seguito di concorso ovvero trasferire a terzi la farmacia di cui sia già titolare (alternatività che naturalmente viene meno se egli partecipa al concorso dopo il compimento del decennio dalla cessione). Pertanto:

  • se il titolare (parlando dei concorsi straordinari, ci riferiamo evidentemente ai soli “rurali sussidiati” o “soprannumerari”) vende l’esercizio (meno di dieci anni) prima del concorso, non vi può partecipare ai sensi dell’art. 12 l. 475/68, come del resto hanno ricordato tutti i bandi regionali;
  • se vende durante il concorso, non può risultare assegnatario di alcuna sede per la sua esclusione ipso jure a quel momento – sempre ex art. 12 – dal concorso stesso (come abbiamo ricordato in varie occasioni e da ultimo nella Sediva news del 17/10/2013: Requisiti di ammissione, condizioni preclusive e cause di esclusione nel concorso straordinario);
  • infine, dopo il concorso, quando perciò la procedura in ordine alla sede assegnatagli sia “per lui” esaurita (con l’accettazione), il trasferimento gli è impedito per l’avvenuta sua decadenza di diritto, questa volta ex art. 112 T.U.San. , dalla precedente titolarità.

A questo punto sarà allora meglio comprensibile anche l’altro aspetto-chiave della vicenda, che riguarda propriamente l’iter concorsuale, che d’altronde, nonostante le varie fasi sotto certi aspetti anche autonome tra loro di cui si compone, costituisce nell’assetto normativo un unicum che prende avvio dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione e cessa con le assegnazioni/accettazioni delle sedi.
Se cioè il primo divieto – quello del decennio – preclude al titolare di farmacia che abbia venduto l’esercizio da meno di dieci anni la partecipazione al concorso, come pure di cederlo in un qualsiasi suo momento endoprocedimentale (compreso pertanto quello dell’assegnazione), il secondo – quello di cumulo – gli interdice invece, ove consegua in via definitiva una delle sedi, il trasferimento della titolarità della farmacia perché da essa decaduto di diritto per effetto stesso dell’accettazione.
Si potrebbe disquisire ulteriormente sulla diversità a qualche effetto tra le varie fasi dell’interpello, dell’accettazione e dell’assegnazione e magari anche di quella successiva che conduce al rilascio della titolarità, ma non servirebbe probabilmente ad individuare il minimo rimedio che possa in principio consentire al concorrente-titolare di farmacia di portare a casa ambedue i risultati (vendita della prima farmacia e conseguimento della seconda), perché spiragli in questa direzione, come detto, non se ne vedono.

(gustavo bacigalupo)

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