concorsi straordinariCome qualche lettore forse ricorderà, anche nel titolo della Sediva news del 26/11/2014 l’ormai famigerata nota Min. Salute del 23/11/2012 è stata da noi definita un “convitato di pietra” dei concorsi straordinari, per il ruolo incombente e inquietante che quasi silenziosamente sta assumendo nelle fasi successive alla pubblicazione delle graduatorie, dopo aver già contribuito non poco a condizionare le scelte iniziali di parecchi concorrenti.
Nonostante, infatti, l’assenza di un qualunque rapporto di sovraordinazione tra Stato e/o Regioni e/o Comuni, e pur non trattandosi neppure di una circolare, ma di una semplice chiacchierata su carta tra il Dicastero e la Fofi (priva quindi di qualsiasi autorità ma evidentemente non di una qualche superstite autorevolezza), quella nota sulla contitolarità, che sciaguratamente nessuno è ancora riuscito a far “ritirare”, potrà essere invocata o del tutto ignorata dalle amministrazioni competenti nelle varie fasi per negare, o rispettivamente riconoscere, la titolarità della farmacia conseguita nel concorso anche a chi – in una stessa formazione o all’interno di una compagine diversa – sia già risultato assegnatario in via definitiva di un esercizio all’esito di un altro concorso.
Torneremo tra poco sullo scenario che potrà derivarne, perché dobbiamo ora dar conto di un secondo “convitato di pietra” di recente affacciatosi all’orizzonte e ancor più minacciosamente dell’altro.
Ricordiamo intanto che, in attesa dell’annunciata ennesima “lenzuolata”, il ruolo di provvedimento-padre di tutte (o quasi) le liberalizzazioni va riconosciuto almeno in questo momento al d.l. 13/8/2011 n. 138, convertito con l. 14/9/2011 n. 148, il cui art. 3 – intitolato: “Abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche” e inserito nel Titolo II (“Liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per favorire lo sviluppo”) – così recita:

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“1.  Comuni, Province, Regioni e Stato, entro il 30 settembre 2012 (termine non perentorio per nessuno dei quattro Enti: ndr.), adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:
a)  vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
b)  contrasto con i principi fondamentali della Costituzione;
c)  danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l’utilità sociale;
d)  disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;
e)  disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano effetti sulla finanza pubblica.
2.  Il comma 1 costituisce principio fondamentale per lo sviluppo economico e attua la piena tutela della concorrenza tra le imprese.
3.  Sono in ogni caso soppresse, alla scadenza del termine di cui al comma 1, le disposizioni normative statali incompatibili con quanto disposto nel medesimo comma, ecc.”
[N.B.: il testo integrale dell’art. 3, che contiene altre indicazioni di rilievo, è cliccabile ed è comunque allegato]

Ora, come accennato, affiora da qualche tempo e sta raccogliendo alcuni consensi l’idea – che prenderebbe le mosse da una nota in forma scritta proveniente nientedimeno che dal vertice della nostra pubblica amministrazione – secondo cui il disposto così perentorio del comma 3, sancendo espressamente la caducazione appunto al 30 settembre 2012 di tutte le norme statali previgenti in qualsiasi modo limitative o restrittive dell’esercizio di imprese e professioni, avrebbe comportato anche l’abrogazione ipso jure delle disposizioni (tutte o alcune?) dettate dall’art. 8 della l. 362/91, per i casi ivi previsti sub a), b) e c), in tema di incompatibilità con lo status di socio in una società di farmacisti titolare di farmacia.
Sarebbe dunque altresì venuta meno l’incompatibilità, poniamo, con “qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato” (lett. c) ) e quella con “la posizione di… collaboratore di altra farmacia” cosicché, limitandoci per carità di patria soltanto a qualche esempio, anche il farmacista titolare di cattedra universitaria o il farmacista partecipe ad un’impresa familiare nella farmacia paterna – se vincitore di una sede in forma associata con altri concorrenti ‑ sarebbe legittimato a partecipare alla società formata con i co‑vincitori in vista dell’assunzione della titolarità della farmacia assegnata alla compagine e a conservare nondimeno la cattedra o il rapporto di i.f.
Anzi, da una tesi del genere discenderebbero conseguenze in grado di incidere in termini fortemente significativi – e in parte anche demolitori – sull’intero assetto normativo del servizio farmaceutico che conosciamo, andando naturalmente ben oltre il problema meramente contingente della formazione delle società tra gli assegnatari in forma associata, al quale tuttavia, per intuibili ragioni anche di spazio, dobbiamo circoscrivere quest’analisi.
Ma, pur avendo con evidenza il suo “in sé” nel principio di fondo (affermato, lo si è visto, all’interno del primo comma dell’art. 3) secondo cui “l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto cio’ che non e’ espressamente vietato dalla legge nei soli casi di ecc.”, non crediamo che questa tesi “superministeriale” meriti una sorte granché migliore di quella “ministeriale” sulla contitolarità, basata sul nulla e un po’ da tutti criticata ripetutamente, pur se per l’assunto che stiamo oggi analizzando almeno un fondamento normativo i loro assertori possono ragionevolmente invocarlo.
Anche volendo però trascurare la natura concessoria del provvedimento che ammette il farmacista o la società di farmacisti allo svolgimento del servizio pubblico inerente all’esercizio della farmacia – che, in quanto tale, potrebbe sottrarre l’intero sistema quantomeno a norme di liberalizzazione “senza se e senza ma” come sono indubbiamente quelle ora in esame – sta di fatto che, come abbiamo letto, un’efficacia derogatoria al “principio secondo cui ecc.” viene testualmente riconosciuta, tra le altre, anche alle “disposizioni (anteriori al provvedimento ma ovviamente anche a quelle che verranno: ndr.) indispensabili per la protezione della salute umana ecc.”, e ormai da molti anni non c’è dubbio neppure in seno alla giurisprudenza che anche le norme sul servizio farmaceutico siano dettate a tutela della “salute umana”.
Potrebbe incontrarsi, è vero, qualche difficoltà di ordine ricostruttivo o comunque interpretativo in un ipotetico “cuci-scuci” tra disposizioni “indispensabili” e disposizioni “non indispensabili”; ma, a parte la plausibile ridondanza dell’aggettivo, ci pare che tutte quelle sulle società di farmacisti lo siano perché in realtà sembrano tutte esprimere profili individuati dal legislatore come strutturali, rivelandosi pertanto anch’esse “indispensabili”, della scelta fondamentale di consentire bensì l’assunzione della titolarità di una farmacia anche ad una società di persone, ma alle precise condizioni indicate proprio negli artt. 7 e 8 della l. 362/91.
Inoltre, tutte le fattispecie legali di incompatibilità – comprese perciò, attenzione, anche quelle di cui all’art. 13 della l. 475/68 dettate per il titolare di farmacia in forma individuale – o simul cadent o simul stabunt, e, anche non considerando i divieti previsti nei singoli ordinamenti settoriali (impiegati pubblici, docenti universitari e non, ecc.), riesce veramente difficile pensare che sia caduta, ad esempio, anche la figura di incompatibilità tra socio e titolare individuale di farmacia e/o, cambiando versante, sia venuto meno il divieto di cumulo ex art. 102, primo comma, T.U. San. tra “l’esercizio della farmacia” e “quello di altre professioni o arti sanitarie” (che semmai, detto per inciso, cadrà per conto suo nel caso in cui a disporlo sia una norma di legge attualmente in gestazione).
Per noi, in ultima analisi, la risposta all’interrogativo del titolo dovrebbe essere quindi negativa, come negativo è stato sin dall’inizio il nostro giudizio sulla contitolarità.
È però facile pensare che, facendo leva (anche guardando alla fonte di provenienza) su una risposta invece positiva, parecchi assegnatari “per la gestione associata”, che oggi versano in uno dei casi di incompatibilità, vorranno partecipare – quando sarà il momento di formarla – alla società con i co-vincitori senza rimuovere la situazione in principio confliggente con l’art. 8 o altre disposizioni parimenti limitative o restrittive, per poi se del caso sfidare su questo punto la giustizia amministrativa.
Con tutto quel che, specie laddove Regioni e/o Comuni scelgano di seguire l’assunto “superministeriale”, potrà conseguirne nella prima tornata post‑graduatoria (articolata in interpelli, assegnazioni, accettazioni, rilasci delle titolarità, aperture delle farmacie), ma ancor più nell’inevitabile seconda, in cui infatti rientrerebbero inopinatamente, se poi questa tesi finisse per essere sconfessata in sede giurisdizionale, le farmacie eventualmente assegnate a società di persone formate da uno o più co‑vincitori formalmente incompatibili ex art. 8 l. 362/91.
Come d’altronde vi rientrerebbero anche quelle assegnate nella prima tornata ad associazioni cui sia stata già assentita una farmacia in un altro concorso, nel caso in cui ‑ rovesciando ora l’ipotesi precedente – la giurisprudenza (pur accantonando, come senz’altro dovrebbe essere, la tesi della contitolarità) ritenesse nondimeno che la ratio dell’art. 11 del dl. Cresci Italia, dichiarando addirittura nel suo incipit di voler “favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti”, sia in ogni caso anche quella di consentire al farmacista, tanto individualmente che in forma associata, l’acquisizione almeno nei concorsi straordinari di un solo esercizio.
Nella Sediva news citata all’inizio abbiamo tentato di spiegare perché neppure questo appaia un argomento decisivo contro la duplice assegnazione di sedi concorsuali, ma bisogna ricordare che i giudici amministrativi, purtroppo sempre meno rigorosi e affidabili, tendono pericolosamente ad abusare dei poteri indubbiamente loro ascrivibili [si tratta della c.d. giurisprudenza pretoria] introducendo nel sistema positivo con troppa disinvoltura disposizioni fino ad allora sconosciute all’ordinamento, talché in un quadro del genere, pur dovendo ribadire una volta di più il nostro fermo dissenso sulla tesi della contitolarità, non ce la sentiamo di escludere del tutto una conclusione del CdS comunque contraria all’assegnazione a uno stesso soggetto di due sedi in due diversi concorsi.
In definitiva, quindi, anche per la vicenda in ogni caso non di poco conto dell’asserita caducazione delle disposizioni sull’incompatibilità dei soci, come per l’altra molto meno seria sussurrata dal Ministero della Salute (ma che, come appena detto, la giurisprudenza potrebbe condividere, anche se per vie ben diverse da quella della contitolarità, nelle sue conseguenze), la sorte dei concorsi straordinari – partendo beninteso dalle prime assegnazioni – dipenderà certo anche dalle opzioni tecnico-giuridiche delle amministrazioni competenti nelle diverse fasi post-graduatoria ma soprattutto, più ancora che in precedenti fattispecie congeneri, dal CdS quando sarà chiamato a sciogliere definitivamente ogni nodo.
Comunque vada, ne risulterà dunque pesantemente incisa nel concreto l’effettiva “meritocraticità” degli esiti finali dei concorsi (ricordando che, per il meccanismo introdotto dalla l. 389/99, i primi dei non interpellati in prima battuta possono talvolta essere anche di gran lunga avvantaggiati rispetto agli ultimi degli interpellati), e per ciò stesso sulla pelle dei concorrenti.
Sia però ben chiaro, sono tutti problemi ormai ineludibili, perché – anche nel caso quasi iperbolico che tutte le amministrazioni competenti convergano improvvisamente e magicamente contro la contitolarità (e le sue implicazioni) e a favore della persistente vigenza dell’art. 8 della l. 362/91, come per noi dovrebbe essere – è fatale che il giudice amministrativo sia costretto ad occuparsi comunque di ambedue le vicende perché destinate ad essere portate entrambe al suo esame da formazioni di co-vincitori interessate al trionfo dell’una e/o dell’altra tesi.
E se questo, unito a tutto il resto che conosciamo o sospettiamo (equivocità e illegittimità di alcune clausole del bando unico, diversità cosmiche tra i criteri adottati dalle varie commissioni, vetustà e inadeguatezza a un concorso per soli titoli del Dpcm. 298/94, e così via), finisse per tradursi anche in una prolungata paralisi (magari anche per sospensive disposte da qualche Tar) di alcuni concorsi – peraltro già tutti in ritardo di un paio di anni rispetto ai tempi un po’ velleitariamente scanditi dall’art. 11 del d.l. Cresci Italia – come potrà reagire l’indirizzo politico, in questo momento per conto suo accerchiato e pressato da fermenti vari perfino sul mantenimento in vita di un servizio farmaceutico ancor oggi imperniato con indiscutibile persistente efficacia sul contingentamento degli esercizi e quindi sulla loro pianificazione in via autoritativa sul territorio?
Sicuramente in alcune circostanze ci sarà pure stato qualche funzionario troppo supponente o fantasioso, ma in generale non si vedono specifiche colpe o specifici colpevoli (come qualcuno potrebbe invece pensare) di tutto questo, dato che nei fatti l’incertezza del diritto – grazie anche a un Esecutivo, che da tempo è l’autentico e incontrastato nostro legislatore ma dimentica spesso che la fretta è nemica del bene – ha ormai preso pressoché ovunque il sopravvento innestando talora disposizioni quasi scientemente oscure e scoordinate sia tra loro che rispetto alla normazione previgente, e qui, come abbiamo visto, rischiano di pagarne le conseguenze sotto molteplici aspetti proprio i concorsi straordinari.
Ancora una volta, insomma, i rimedi, passata quest’ennesima nottata, sembra possano essere più che altro di matrice politica, e perciò rientrare per l’appunto – auspicabilmente in termini ragionevoli e senza enfatizzazioni di cui non si avverte minimamente il bisogno – nell’imminente provvedimento di (ulteriore) “liberalizzazione” di professioni e attività economiche.

(gustavo bacigalupo)

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