comunicazione alla aslL’art. 32 del Regolamento farmaceutico del 1938 riguardo la comunicazione alla ASL, come integralmente sostituito dall’art. 12 del DPR 1275/71, dispone che “il titolare di un esercizio farmaceutico deve comunicare al medico provinciale (ora ovviamente Asl) il nome e il cognome e la data di assunzione degli addetti all’esercizio stesso ed esibire tanti certificati medici quanti sono i dipendenti medesimi per comprovare che essi siano esenti da difetti di imperfezione che impediscano l’esercizio professionale della farmacia e da malattie contagiose in atto che rendano pericoloso l’esercizio stesso.

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Ugualmente, deve comunicare la data di cessazione degli stessi dal servizio. ” La norma, come noto, è tuttora pienamente in vigore – salva la parte riferita all’esibizione di certificati medici, che deve infatti considerarsi implicitamente abrogate (in parte qua) per effetto del disposto dell’art. 42 del D.L. 69/2013 (il c.d. “decreto del fare”), che ha appunto eliminato l’obbligo delle certificazioni mediche con riguardo all’esercizio della farmacia – ma la sua violazione è sanzionata in misura consistente,come vedremo subito.
E’ una disposizione comunque di portata generale e non va quindi confusa con quella di cui all’ottavo comma dell’art. 12 della l. 475/68 (come aggiunto dall’art. 6 della l. 22/12/1984 n. 892), che prevede l’obbligo del titolare di farmacia di “comunicare all’autorità sanitaria competente le generalità del farmacista praticante, la data di effettivo inizio nonce di effettiva cessazione della stessa”. Questa è infatti dettata ai soli fini della “pratica professionale” biennale, anche se, evidentemente, ove sia osservata deve intendersi al tempo stesso adempiuto – almeno per i farmacisti collaboratori – anche l’obbligo di comunicazione di cui all’art.12.

Sta di fatto però che la violazione dell’art. 12 rende applicabile il secondo comma dell’art. 358 del T.U.LL.SS. approvato con r.d. 1265/1934, secondo cui i contravventori alle disposizioni regolamentari – come quella di cui all’art. 12 sopra citato che è contenuta infatti nel regolamento di attuazione della l. 475/68 – “sono puniti, quando non siano applicabili pene prevedute nelle diposizioni medesime, con la sanzione amministrativa da Lire tre milioni a Lire diciotto milioni, salvo che il fatto costituisca reato”. Convertendo le Lire in Euro, è facile capire quanto sia gravosa la sanzione, anche quella minima, per cui è necessario porre particolare attenzione a questa formalità ed eventualmente rimediare in caso di inadempienza; del resto, le visite ispettive periodiche biennali hanno anche l’obbligo, tra gli altri, di verificare se la norma sia stata rispettata o meno e, in tale ultimo caso, applicare la sanzione citata.

Resta soltanto un problema che non è soltanto teorico: l’art. 12, come abbiamo appena rilevato, è scritto espressamente per i soli addetti, che nella norma diventano però subito dopo i “dipendenti”, e quindi potrebbe ad esempio non riguardare – siano o meno farmacisti – né gli associati in partecipazione di lavoro, né i componenti dell’impresa familiare, né i co.co.co. o i collaboratori autonomi in generale.

Almeno per gli addetti che siano “dipendenti”, dunque, la disposizione – per sottrarsi alla sanzione – va sicuramente osservata, ma è opportuno adempiervi, prescindendo sia dalla sanzione che dalla “pratica professionale” biennale, anche per gli altri addetti ora esemplificati quando si tratti di farmacisti, perché la comunicazione, trascritta nell’apposito registro dell’Asl ai sensi dello stesso art. 12 u.c., permette il rilascio a favore di costoro delle certificazioni relative all’esercizio professionale a finalità soprattutto concorsuali.
Quindi, almeno per questa stessa ragione, è bene che la comunicazione di tutti gli addetti farmacisti – dipendenti o meno – sia inoltrata, oltre che alla Asl, anche all’Ordine dei farmacisti, che è pure competente al rilascio di tale certificazione.

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