L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di cabozantinib compresse per il trattamento del carcinoma differenziato della tiroide refrattario alla terapia con iodio radioattivo. L’approvazione italiana fa seguito al parere positivo del Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) dell’Ema di marzo 2022, relativo all’uso di cabozantinib compresse come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma differenziato della tiroide (Dtc) localmente avanzato o metastatico, refrattario o non eleggibile allo iodio radioattivo che sono progrediti durante o dopo una precedente terapia sistemica. Il farmaco, in considerazione dell’importante bisogno clinico insoddisfatto e del valore terapeutico aggiunto, era stato reso disponibile attraverso la legge 648/2020 a partire da ottobre 2021.

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Riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte rispetto a placebo

L’efficacia del trattamento è emersa dai risultati dello studio di Fase III Cosmic-311 che, all’analisi ad interim pre-pianificata, ha dimostrato come cabozantinib sia in grado di ridurre del 78% il rischio di progressione di malattia o di morte rispetto a placebo. A questo follow-up mediano di 6,2 mesi, la mediana di Pfs non è stata raggiunta nei pazienti trattati con cabozantinib (Ic al 96%: 5,7–non stimabile) ed è stata di 1,9 mesi (Ic al 96%: 1,8-3,6 mesi) per il placebo. I risultati per il co-primary endpoint relativo al tasso di risposta obiettiva nei primi 100 pazienti randomizzati dopo sei mesi erano a favore di cabozantinib (15%) rispetto al placebo (0%), sebbene questa differenza non fosse statisticamente significativa (P 0,028).

Altra arma terapeutica a disposizione dei pazienti

Rossella Elisei, presidente dell’Associazione italiana della tiroide (Ait), ha osservato che «l’approvazione della rimborsabilità di cabozantinib per il trattamento del carcinoma differenziato della tiroide refrattario alla terapia con iodio radioattivo e in progressione durante terapia medica sistemica di prima linea è un importante risultato per la gestione clinica di questi pazienti. Il vero significato è quello di avere a disposizione un’altra arma terapeutica per questi pazienti, che così potranno guadagnare ulteriori mesi e anni di vita. La comunità scientifica endocrinologica ed in particolare quella tiroidea conosce già cabozantinib per la sua capacità di arrestare la crescita del carcinoma midollare della tiroide: questa approvazione consentirà di poterlo utilizzare in un contesto altrettanto importante dal punto di vista clinico».

Riduzione della probabilità di progressione del tumore alla tiroide

Laura Locati, direttore della struttura complessa di oncologia, presso gli Istituti clinici scientifici Maugeri, Irccs (Pavia) e docente di Oncologia medica all’Università di Pavia, ha evidenziato che «l’approvazione di cabozantinib come terapia di II/III linea è un passo avanti fondamentale nella cura dei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide, radio-iodio resistente, in progressione dopo una prima linea di trattamento. L’efficacia di cabozantinib è stata testata in uno studio randomizzato, dove cabozantinib ha dimostrato di ridurre la probabilità di progressione del tumore alla tiroide del 78% rispetto al placebo, andando quindi a rispondere ad uno specifico bisogno di cura per cui, ad oggi, non esisteva ancora uno standard di cura. Nello studio Cosmic-311 la mediana di sopravvivenza libera da progressione è stata di 11,0 mesi».

Ulteriore opzione terapeutica affidabile

Secondo Paola Mazzanti, direttore medico di Ipsen Italia, «la decisione dell’Agenzia italiana del farmaco rappresenta un ulteriore passo avanti nel carcinoma differenziato della tiroide refrattario alla terapia con iodio radioattivo, assicurando una ulteriore opzione terapeutica affidabile per tutte le persone che oggi non dispongono di trattamenti standard dopo progressione a terapia medica sistemica di prima linea. Con questa notizia siamo orgogliosi di confermare il nostro impegno trentennale in oncologia, orientato alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni volte a migliorare la qualità della vita di tutti i pazienti».

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