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Il reato è quello di “Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità” (quello reso dalla farmacia è il secondo dei due), che è previsto nell’art. 331 c.p. ed è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a Euro 516,46.
Con una sentenza pubblicata in questi giorni (Sez. VI, 3/12/12, n. 46755), la Cassazione – annullando una decisione del Tribunale di Belluno con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia per un nuovo giudizio – ha ritenuto configurare il reato in argomento la condotta del titolare di una farmacia che, durante le ore di reperibilità per turno nell’intervallo pomeridiano (espletato “a chiamata” ai sensi della l.r. Veneto n. 64/94 e succ.mod.), aveva rifiutato la dispensazione di un farmaco antipiretico (la Tachipirina) richiesto per fronteggiare lo stato febbrile di un bambino di 18 mesi.
Il “rifiuto” del farmacista, dopo che questi aveva verificato telefonicamente che la richiesta riguardava un farmaco (da banco) comunque non “assistito” da una ricetta medica urgente, è consistito in punto di fatto nel diniego a rispondere positivamente alla “chiamata” e perciò ad accedere fisicamente nell’esercizio.
Il Tribunale aveva mandato assolto il farmacista non ravvisando nel suo operato un comportamento idoneo a integrare il reato di cui all’art. 331 c.p., tenuto conto della possibilità per l’interessato di ricorrere al pronto soccorso o ad un’altra farmacia, come poi è accaduto effettivamente.
Al più, secondo i giudici di merito, sarebbe stata configurabile a carico del titolare dell’esercizio una mera irregolarità di rilievo disciplinare o anche il diverso reato di rifiuto di atti d’ufficio.
Di ben altro avviso – lo abbiamo letto nel titolo – è stata però la Suprema Corte, il cui ragionamento prende le mosse proprio dallo stato di effettiva necessità che, come del resto rilevato anche dal Tribunale, indubitabilmente caratterizza la richiesta di un farmaco quando si debba intervenire su un importante stato febbrile nel corso (in questo caso) dell’intervallo pomeridiano della farmacia di turno.
In tali evenienze, precisa la Cassazione, diventa infatti ineludibile il tempestivo intervento del farmacista, anche perché – ecco il punto – la disciplina dei turni (festivi, notturni e pomeridiani) mira ad assicurare la continuità del servizio che va apprezzata in relazione alle esigenze di salute peculiari che possono verificarsi anche in orari di normale chiusura delle farmacie non in turno.
La riduzione ragionata del numero di esercizi aperti al pubblico e la permanenza di esigenze contingenti di salute – assume ancora la decisione – concorrono ad individuare nella farmacia di turno un presidio indefettibile del complessivo disegno organizzativo volto ad assicurare la necessaria continuità del servizio farmaceutico.
Perciò, quando la singola farmacia in turno di reperibilità risulti non accessibile all’utenza, vi è un obiettivo turbamento della regolarità del servizio farmaceutico nel suo complesso, che, contrariamente all’avviso del Tribunale, non viene escluso dalla disponibilità in zone contigue di altri punti reperibili, o di presidi ospedalieri e che pertanto – conclude la Cassazione – integra il reato di interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità. Come si vede, per la Suprema Corte non ha nessun rilievo che in quella fattispecie si trattasse di un medicinale da banco privo in ogni caso di una prescrizione urgente, e anzi nella decisione non c’è alcun cenno a questi aspetti della vicenda, e del resto l’art. 7 della citata l.r. Veneto include tra le “chiamate” – postulando quindi l’obbligo della farmacia di turno (notturno, festivo o pomeridiano) di farvi fronte – sia quella formulata con ricetta urgente, sia quella relativa ai “farmaci per i quali ai sensi della normativa vigente non vi è obbligo di prescrizione e comunque nei casi di effettiva necessità”.
Quindi, trattandosi di un caso veneto, la Cassazione probabilmente non ha sbagliato e il principio di diritto enunciato nella sentenza (“l’ingiustificata inottemperanza delle funzioni proprie del servizio farmaceutico da parte del responsabile di farmacia in turno di reperibilità integra il reato di cui all’art. 331 c.p.”) finirà fatalmente per orientare il giudice del rinvio. Certo è che ora i titolari di farmacia – nel Veneto ma anche altrove, di turno o non di turno – faranno bene ad acuire ulteriormente
Avv. Gustavo BACIGALUPO
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