Lo scorso settembre si è svolto a Roma il Congresso annuale della Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo (Sinuc). Sono stati diversi i temi trattati nell’ambito della nutrizione, tra cui i problemi nei pazienti con insufficienza renale cronica sottoposti a dialisi, in relazione allo stato nutrizionale. In Italia, infatti, sono 50mila le persone costrette a ricorrere alla dialisi. Gli aspetti da considerare nella gestione delle comorbidità sono vari e riguardano l’alterazione del bilancio idrico, l’eccesso di potassio, il rischio di acidosi metabolica, l’insulino resistenza, le alterazioni lipidiche, l’anemia e non di rado la perdita di massa muscolare magra (sarcopenia).
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Mantenimento della quota proteica. La Sinuc ha sottolineato che «la nutrizione diventa lavoro da giocoliere in cui è necessario tenere sotto controllo l’apporto di potassio, mantenere la quota proteica – che viene persa con la terapia sostitutiva dialitica –, non eccedere nel fosforo. Non a caso la “protein energy wasting” è presente in media nel 40% dei soggetti in dialisi». La Sinuc ha poi citato la condizione uremica «che caratterizza il quinto stadio di malattia». Essa «non è corretta dalla dialisi, portando a una malnutrizione tra il 18 e il 75% dei casi con una correlazione con la mortalità. Mentre, all’estremo opposto, si assiste a una malnutrizione per eccesso nel 50% dei dializzati cronici».
Intervenire sugli stili di vita. Come evidenziato dalla Società, «per porre un freno alla progressione della malattia renale cronica già negli stadi iniziali, è fondamentale agire sugli stili di vita con esercizio fisico regolare al primo posto, gestione dell’ipertensione arteriosa, buon controllo glicemico nei diabetici, ottimizzazione dei nutrienti e consulenza nutrizionale». La prevalenza di insufficienza renale cronica, come evidenziato dalla Sinuc, «aumenta sino al 15-30% negli anziani e supera il 50% nei soggetti affetti da malattie cardiovascolari e metaboliche». Ciò nonostante, «la maggior parte dei pazienti scopre di avere una malattia renale quando i reni hanno perso quasi l’50-60% della loro funzionalità, controllare la velocità di filtrazione glomerulare permette di scoprire il prima possibile la malattia. Allo Stadio 5 dell’insufficienza renale, quando la velocità di filtrazione glomerulare scende al di sotto di 15 ml/min, il paziente inizia a essere avviato a un percorso di predialisi. Quando i parametri non sono più controllabili dalla dieta e dalla terapia si deve iniziare la dialisi».
Attenzione agli stadi precoci della malattia. Secondo Maurizio Muscaritoli, presidente Sinuc, «le cause del danno renale riconoscono ipertensione arteriosa, diabete, sindrome metabolica, obesità, dislipidemie, scompenso cardiaco, broncopneumopatie croniche che di per sé presentano problematiche nutrizionali. Intercettare la malattia in stadio precoce è strategico per introdurre modifiche dello stile di vita – terapia nutrizionale, esercizio fisico regolare – in grado di arrestare e rallentare la progressione del danno renale e limitare l’accesso alla dialisi o la necessità di un trapianto d’organo».
Controllo dell’apporto dei nutrienti. Sull’importanza del controllo dell’equilibrio idrico, Alessio Molfino, docente di Medicina interna all’Università La Sapienza di Roma, ha precisato che «è tutt’altro che secondario». Secondo Molfino, infatti, «l’acqua è fondamentale per la prevenzione e la gestione della pressione alta, aumenta la tolleranza alla seduta di dialisi. Il controllo dell’apporto di sodio fa sì che si riduca il senso di sete e migliori il controllo dell’ipertensione, mentre sul potassio teniamo alta la guardia al fine di evitare eccessi che possono provocare arresto cardiocircolatorio e morte. Ma teniamo sotto controllo anche il fosforo consigliando di evitare cibi altamente processati». Per Molfino ciò « costringe i pazienti a leggere con molta attenzione le etichette dei cibi per evitare ad esempio i polifosfati. In un’indagine condotta su 191 pazienti in 5 centri dialisi della Toscana è stato somministrato un questionario per la conoscenza del fosforo. I risultati hanno rivelato che le conoscenze nutrizionali dei soggetti dializzati non sono soddisfacenti anche se superiori a quelle della popolazione generale».
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