«Per le società di cui al comma 1, i soci, rappresentanti almeno il cinquantuno per cento del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere farmacisti iscritti all’albo. Il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci farmacisti professionisti nel termine perentorio di sei mesi. In caso d’intervenuto scioglimento della società, l’Autorità competente revoca l’autorizzazione all’esercizio di ogni farmacia di cui la società sia titolare». E inoltre «le società di cui all’articolo 7, comma 2-bis della legge 8 novembre 1991, n. 362, come introdotto dal comma 2-bis, già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge, sono tenute ad adeguarsi entro e non oltre trentasei mesi dall’entrata in vigore della medesima legge».
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E’ questa la proposta emendativa 41.029.7, successivamente approvata dalla V commissione Bilancio della Camera, presentata dal deputato Giorgio Trizzino, medico palermitano del M5S, all’art. 41, al disegno di legge di Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, contenente anche la proposta di rimodulazione dello sconto applicato alle farmacie con un fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale al netto dell’IVA inferiore a euro 150.000.
Subemendamento che, secondo quanto riportato dall’agenzia Askanews, ha suscitato l’immediata reazione di Davide Tavaniello e Rodolfo Guarino, soci co-fondatori e co-CEO di Hippocrates Holding, Domenico Laporta, CEO di Admenta Italia – LloydsFarmacia, Paolo Venturi, CEO di Dr. Max, i quali, in una lettera aperta inviata al premier Giuseppe Conte e ai due vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, hanno sottolineato che tale proposta «costituirebbe un passo indietro fondamentale rispetto all’evoluzione del settore delle libere farmacie creando al contempo una grave incertezza del quadro normativo tale da minare la capacità di stimolare e attrarre investimenti anche in altri settori».
«Il subemendamento va infatti – si legge nella lettera aperta dei dirigenti – in direzione opposta rispetto a un trend che, come già successo a livello globale, vede le farmacie evolversi ed arricchirsi (in termini di offerta, di servizi aggiuntivi, di fruibilità e di accesso digitalizzato) sotto la gestione di soggetti specializzati capaci di investire e valorizzare le professionalità che offre il settore al fine di garantire migliori servizi e facilità di accesso ai cittadini, e di raccogliere le nuove sfide proposte dalla stessa Amministrazione Pubblica (si pensi al Piano Nazionale della Cronicità) e rispondere a queste in senso fattuale e concreto».
«Realtà come le nostre – conclude il comunicato -, società italiane e multinazionali, hanno deciso di investire sul tessuto produttivo nazionale creando e mantenendo migliaia di posti di lavoro, ed hanno già messo in campo grandi impegni e forti investimenti, palesemente non tenuti in considerazione dal subemendamento suddetto. Sono oltre 300 le farmacie che rischiano di non essere più sostenute da una società a seguito di questo provvedimento, oltre 1.500 i posti di lavoro che sarebbero a grande rischio, e ammonta a circa 500 milioni di euro il fatturato aggregato delle aziende del settore che andrebbe irrimediabilmente a contrarsi, con gravi effetti anche sulla contribuzione all’erario».
È passato più di un anno dall’approvazione della legge sulla Concorrenza, che ha previsto numerose novità capaci, potenzialmente, di incidere – in modo positivo o negativo – fortemente sul mondo della farmacia.
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